Adriano Olivetti  dal primo dopoguerra al  regime Fascista

Adria­no Oli­vet­ti ebbe un for­te rap­por­to con il padre Camil­lo, ben­chè vis­se la tipi­ca ribel­lio­ne dei figli “intel­li­gen­ti” nei con­fron­ti dei padri altret­tan­to “intel­li­gen­ti”.
Comun­que sia si può affer­ma­re che tra Adria­no e Camil­lo Oli­vet­ti ci fu sem­pre iden­ti­tà di vedu­te nel­le linee gene­ra­li del­la poli­ti­ca e del­l’i­dea­li­tà anche se, spes­so e volen­tie­ri, Adria­no ebbe modo di affer­ma­re anche in quel cam­po la pro­pria auto­no­mia e la pro­pria sta­tu­ra intellettuale.
Camil­lo Oli­vet­ti fu un cau­to inter­ven­ti­sta con un soprav­vis­su­to spi­ri­to risor­gi­men­ta­le, aspet­ti che si nota­no anche in Adria­no il qua­le, infat­ti, dopo Capo­ret­to si arruo­lò volon­ta­rio pur non com­bat­ten­do a cau­sa del­la fine del­la guer­ra. Un pri­mo scon­tro con il padre si ebbe quan­do Adria­no si lau­reò in inge­gne­ria chi­mi­ca pres­so il Poli­tec­ni­co di Tori­no, men­tre il padre lo avreb­be pre­fe­ri­to inge­gne­re meccanico.
Nel 1919 col­la­bo­rò con il padre alla reda­zio­ne de “L’A­zio­ne Rifor­mi­sta” scri­ven­do nume­ro­si arti­co­li pur se ano­ni­mi o fir­ma­ti con uno pseu­do­ni­mo. Quan­do nel 1920 Camil­lo deci­se di sospen­de­re la pub­bli­ca­zio­ne del set­ti­ma­na­le rite­nu­to pro­vin­cia­le e quin­di pri­vo di un’in­fluen­za rea­le nel­la poli­ti­ca, Adria­no con­vin­se il padre a cede­re a lui e ad alcu­ni suoi gio­va­ni ami­ci la pub­bli­ca­zio­ne, che tut­ta­via non andò oltre al 1920.
Col­la­bo­rò inol­tre con il set­ti­ma­na­le tori­ne­se “Tem­pi Nuo­vi”, che il padre pro­muo­ve­rà insie­me a Dona­to Bachi e altri progressisti.
Con la svol­ta, pri­ma cri­ti­ca, poi più mar­ca­ta­men­te anti­fa­sci­sta di quel gior­na­le, ci fu anche la svol­ta poli­ti­ca di Adria­no Oli­vet­ti, anche influen­za­to dal­l’am­bien­te cul­tu­ra­le del Poli­tec­ni­co e dal­l’a­mi­ci­zia con la fami­glia Levi, in par­ti­co­la­re con Gino Levi suo com­pa­gno di corso.
«Fra que­sti ami­ci ce n’e­ra uno che si chia­ma­va Oli­vet­ti, e io ricor­do la pri­ma vol­ta che entrò in casa nostra, vesti­to da sol­da­to per­ché face­va in quel tem­po il ser­vi­zio militare.
Adria­no ave­va allo­ra la bar­ba, una bar­ba incol­ta e ric­ciu­ta, di un colo­re ful­vo; ave­va lun­ghi capel­li bion­do ful­vi, che si arric­cio­la­va­no sul­la nuca ed era gras­so e pal­li­do. La divi­sa mili­ta­re gli cade­va male sul­le spal­le, che era­no gras­se e ton­de; e non ho mai visto una per­so­na, in pan­ni gri­gio ver­di e con pisto­la alla cin­to­la, più gof­fa e meno mar­zia­le di lui. Ave­va un’a­ria mol­to malin­co­ni­ca, for­se per­ché non gli pia­ce­va nien­te fare il sol­da­to; era timi­do e silen­zio­so, ma quan­do par­la­va, par­la­va allo­ra a lun­go e a voce bas­sis­si­ma, e dice­va cose con­fu­se ed oscu­re, fis­san­do il vuo­to con i pic­co­li occhi cele­sti, che era­no insie­me fred­di e sognan­ti.» (Nata­lia Levi Ginz­burg, Les­si­co fami­glia­re, 1963)

Con la fami­glia Levi, Adria­no fu tra i pro­ta­go­ni­sti del­la rocam­bo­le­sca fuga di Filip­po Turati.

Que­st’ul­ti­mo fu ospi­ta­to pri­ma dai Levi nel­la loro casa di Tori­no dove rag­giun­se poi Ivrea. Fece tap­pa nel­la not­te in casa di Giu­sep­pe Pero, diri­gen­te del­la Oli­vet­ti, per ripar­ti­re al mat­ti­no seguen­te in una mac­chi­na gui­da­ta da Adria­no che rag­giun­ge­rà Savo­na, dove li aspet­ta­va San­dro Per­ti­ni con cui l’e­su­le si imbar­cò per la Cor­si­ca con desti­na­zio­ne Parigi.
L’an­ti­fa­sci­smo di Adria­no si era già espres­so imme­dia­ta­men­te dopo il ritro­va­men­to del cada­ve­re di Gia­co­mo Mat­teot­ti nel­la mani­fe­sta­zio­ne che pro­mos­se, insie­me al padre, al tea­tro Gia­co­sa di Ivrea.
Adria­no Oli­vet­ti ven­ne nomi­na­to Diret­to­re gene­ra­le e nel­lo stes­so perio­do si spo­sò con Pao­la Levi, sorel­la di Gino.
Pao­la, insof­fe­ren­te al pro­vin­cia­li­smo di Ivrea, lo con­vin­se a tra­sfe­rir­si a Mila­no; que­sta fu una del­le svol­te cul­tu­ra­li per Adria­no, per­ché nel capo­luo­go lom­bar­do si potè avvi­ci­na­re all’ar­chi­tet­tu­ra, all’ar­te, all’ur­ba­ni­sti­ca, alla psi­co­lo­gia e alla sociologia.
Ebbe nuo­vi pro­ble­mi con il Regi­me, quan­do l’al­tro fra­tel­lo di Pao­la e Gino Levi, Mario Levi, che lavo­ra­va alla Oli­vet­ti, ven­ne fer­ma­to alla fron­tie­ra Sviz­ze­ra, in quan­to ave­va la mac­chi­na cari­ca di mani­fe­sti­ni di Giu­sti­zia e Libertà.
Riu­scì a fug­gi­re, ma la con­se­guen­za fu che Gino Levi e il padre furo­no arre­sta­ti, rima­nen­do per cir­ca due mesi nel­le patrie galere.
Adria­no in quel fran­gen­te si mobi­li­tò per difen­de­re il suo­ce­ro e l’a­mi­co cogna­to, e di con­se­guen­za gli fu momen­ta­nea­men­te riti­ra­to il passaporto.
Tut­ta­via i rap­por­ti con il fasci­smo miglio­ra­ro­no negli anni tren­ta, quan­do Adria­no conob­be e fre­quen­tò gli archi­tet­ti Lui­gi Figi­ni e Gino Pol­li­ni, i qua­li era­no la pun­ta più avan­za­ta di quel razio­na­li­smo in archi­tet­tu­ra che in un pri­mo perio­do ven­ne soste­nu­to anche da Mussolini.
L’in­fluen­za dei due pro­fes­sio­ni­sti fu note­vo­le tan­to che diven­ne­ro gli archi­tet­ti del­la nuo­va Oli­vet­ti e con i qua­li Adria­no pro­get­tò il “Pia­no per la pro­vin­cia di Aosta”, di cui Ivrea face­va par­te in que­gli anni.
Suc­ces­si­va­men­te chie­se ed otten­ne la tes­se­ra al PNF ed in segui­to fu rice­vu­to anche da Mus­so­li­ni a Palaz­zo Vene­zia, dove l’in­du­stria­le pre­sen­tò il suo pia­no al Duce.
Le sue affi­ni­tà poli­ti­che del perio­do furo­no con Giu­sep­pe Bot­tai, che nel fasci­smo rap­pre­sen­tò sem­pre una voce fuo­ri dal coro. Pru­den­te tan­to da non far­si radia­re come avven­ne a Mas­si­mo Roc­ca, Bot­tai fu pur sem­pre uno spi­ri­to libe­ro che rap­pre­sen­tò l’al­tra fac­cia del fasci­smo, quel­la meno tota­li­ta­ria e fol­clo­ri­sti­ca e più critica.
Que­ste qua­li­tà comun­que non impe­di­ro­no poi a Bot­tai di esse­re un con­vin­to pro­mul­ga­to­re del “Mani­fe­sto del­la Raz­za” e uno tra i più fana­ti­ci soste­ni­to­ri del­le leg­gi raz­zia­li fasciste.

Quel­lo con il Regi­me fu un fee­ling di bre­ve dura­ta, in quan­to i gusti in archi­tet­tu­ra di Mus­so­li­ni cam­bia­ro­no pas­san­do dal razio­na­li­smo all’ar­chi­tet­tu­ra di regi­me, che inten­de­va rie­cheg­gia­re i fasti del­la Roma Imperiale.
In ogni caso, il pia­no del­la Val­le d’Ao­sta otten­ne un rico­no­sci­men­to tan­to da esse­re espo­sto in una mostra a Roma, i gior­na­li ne par­la­ro­no, come dimo­stra una let­te­ra che Camil­lo scris­se ad Adriano:

«Sig Adria­no Oli­vet­ti Roma
Ho visto i tuoi arti­co­li sul­la Stam­pa e sul­la Gaz­zet­ta del popo­lo per il pia­no per la Pro­vin­cia di Aosta, e spe­ro che que­sto tuo lavo­ro ti pos­sa dare mol­ta glo­ria, ma pochi fastidi.
Sul­la Gaz­zet­ta del Popo­lo ho osser­va­to che il tuo nome è sta­to omes­so. Non so se l’ar­ti­co­lo è sta­to scrit­to da te (nel qual caso ti avver­to che non biso­gna esse­re trop­po mode­sti) oppu­re da altri che non ha volu­to men­zio­na­re il tuo nome, nel qual caso vor­rei sape­re la cau­sa (…)» (let­te­ra pre­sen­te nel­l’ar­chi­vio sto­ri­co Olivetti)

Poi fu il silen­zio, con la Guer­ra d’A­fri­ca pri­ma, la Guer­ra di Spa­gna e poi, la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le. Il con­sen­so di Oli­vet­ti si affie­vo­lì fino a tra­sfor­mar­si in oppo­si­zio­ne al regime.

UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTÀ DI ECONOMIAGIORGIO FUÀ
Cor­so di Lau­rea trien­na­le in
L’INNOVAZIONE NELLA GESTIONE
DELL’IMPRESA:

Tesi Pao­lo Troyli

Rela­to­re: Rap­por­to Fina­le di:
Prof. Aldo Bel­la­gam­ba Pao­lo Troyli
Anno Acca­de­mi­co 2013/2014