Dopo Adriano Olivetti il potere al primo posto

 

di Gian­ni Di Quattro

 I pri­mi momenti.

Dopo la mor­te di Adria­no (feb­bra­io 1960) il pote­re fu dato dal con­si­glio di ammi­ni­stra­zio­ne, nel qua­le sede­va tut­ta la fami­glia Oli­vet­ti (fra­tel­lo, sorel­le e cogna­ti), a Giu­sep­pe Pero, vec­chio col­la­bo­ra­to­re di Camil­lo pri­ma e di Adria­no poi, uomo di fidu­cia. Evi­den­te­men­te si trat­tò di una tran­si­zio­ne, di una pau­sa che gli azio­ni­sti si pren­de­va­no per deci­de­re cosa fare e come fare i loro inte­res­si, che era la cosa che più inte­res­sa­va a tut­ta la famiglia.

La situa­zio­ne era dif­fi­ci­le finan­zia­ria­men­te ma non tra­gi­ca, tan­to è vero che già l’anno dopo la mor­te di Adria­no l’azienda pre­sen­tò il suo bilan­cio in atti­vo. Più che altro gli azio­ni­sti e i loro con­su­len­ti non sape­va­no che pesci piglia­re, capi­va­no che ave­va­no tra le mani una cosa dif­fi­ci­le e ingar­bu­glia­ta, che richie­de­va capa­ci­tà particolari.

Li tras­se­ro d’impaccio i rap­pre­sen­tan­ti del siste­ma indu­stria­le e finan­zia­rio del pae­se, un grup­po rap­pre­sen­ta­ti­vo capi­ta­na­to dal­la Fiat, che evi­den­te­men­te deve aver visto l’occasione per met­te­re le mani su que­sta azien­da dal respi­ro inter­na­zio­na­le e per eli­mi­na­re nel­lo stes­so tem­po un peri­co­lo­so sov­ver­si­vo nel pano­ra­ma indu­stria­le del pae­se. Vale la pena ricor­da­re che Adria­no e la sua azien­da non han­no mai fat­to par­te di Con­fin­du­stria, for­se per­ché non vole­va o for­se per­ché non vole­va­no, meglio pen­sa­re che i col­le­ga­men­ti tra le par­ti sug­ge­ri­va­no ad entram­bi di sta­re distanti.

Que­sto grup­po di inter­ven­to pre­se l’azienda, fu nomi­na­to Bru­no Visen­ti­ni Pre­si­den­te e Aure­lio Pec­cei ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to. Il pri­mo veni­va dall’IRI dove era Vice­pre­si­den­te, tri­bu­ta­ri­sta di fama, repub­bli­ca­no vici­no a Ugo La Mal­fa, gran­de per­so­nag­gio vene­to, era anche Pre­si­den­te del­la Fon­da­zio­ne Cini di Vene­zia, pre­sti­gio­sa isti­tu­zio­ne. Il secon­do era un uomo Fiat, era sta­to anche Pre­si­den­te del­la Fiat Argen­ti­na, uomo di cul­tu­ra e for­se que­sta carat­te­ri­sti­ca ha gio­ca­to a suo favo­re nel­la scel­ta, è sta­to anche il pro­mo­to­re del Trat­ta­to di Roma.

Pos­sia­mo dire che da que­sto momen­to il Pre­si­den­te pren­de il pote­re e diven­ta arbi­tro del­le sor­ti del­la impre­sa nell’interesse degli azio­ni­sti, che non han­no mai più fat­to un aumen­to di capi­ta­le, e ciò fino a quan­do pos­si­bi­le e cioè sino a quan­do deci­de di cede­re l’azienda a Car­lo De Bene­det­ti per­ché non ha o non con­si­de­ra altre solu­zio­ni. Cer­to si può dire che Visen­ti­ni pren­de il pote­re non solo per moti­vi per­so­na­li, non solo per tute­la­re gli inte­res­si del­la fami­glia anco­ra in mag­gio­ran­za nel con­si­glio di ammi­ni­stra­zio­ne, ma anche per, con la sua auto­ri­tà e pre­sti­gio, con­trol­la­re e addo­me­sti­ca­re lot­te azien­da­li che si era­no sca­te­na­te e che era­no sta­te silen­zio­se sino a quel momen­to gra­zie al cari­sma e alla capa­ci­tà di Adriano.

Que­sto perio­do si può divi­de­re in due par­ti più una intro­dut­ti­va bre­ve e di rela­ti­vo poco con­to. La pri­ma intro­dut­ti­va con Aure­lio Pec­cei appun­to ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to, la secon­da con Rober­to Oli­vet­ti e Bru­no Jarach ammi­ni­stra­to­ri dele­ga­ti, la ter­za con Otto­ri­no Bel­tra­mi ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to uni­co. E poi nasce l’epoca dell’ingegnere come era ed è chia­ma­to Car­lo De Benedetti.

 

Il pri­mo perio­do con Aure­lio Peccei.

La sua dura­ta è sta­ta mol­to bre­ve. Pec­cei era un uomo intel­li­gen­te, in poco tem­po non si rese con­to di tut­ti i pro­ble­mi del mon­do Oli­vet­ti, ma si rese con­to rapi­da­men­te che all’interno del­la impre­sa esi­ste­va un bloc­co epo­re­die­se. Un grup­po di diri­gen­ti e capi anco­ra­ti alla mec­ca­ni­ca dove era­no mae­stri, al ruo­lo domi­nan­te del­la fab­bri­ca sul­la stra­te­gia del­la impre­sa dove, secon­do loro, il set­to­re com­mer­cia­le dove­va esse­re subal­ter­no e pre­oc­cu­par­si di ven­de­re ciò che loro pen­sa­va­no e pro­du­ce­va­no, al siste­ma di Ivrea come cuo­re e men­te di tut­ta la impre­sa. Un modo di vede­re la orga­niz­za­zio­ne Oli­vet­ti nel mon­do come esclu­si­va­men­te un siste­ma distri­bu­ti­vo, la pre­sun­zio­ne di inven­ta­re e pro­get­ta­re i pro­dot­ti giu­sti sen­za alcun biso­gno di input dal mer­ca­to, la volon­tà di con­si­de­rar­si i veri ere­di del dise­gno di Camil­lo che ruo­ta­va intor­no alla vec­chia fab­bri­ca dei mat­to­ni ros­si. Come se Adria­no non fos­se esi­sti­to, come se Adria­no, pur rispet­tan­do il lega­me tra fab­bri­ca e ter­ri­to­rio, non aves­se espres­so una visio­ne inter­na­zio­na­le del­la impre­sa, come se la cul­tu­ra di Adria­no doves­se esse­re ridot­ta a quel­la esclu­si­va­men­te tec­ni­ca di col­la­bo­ra­zio­ne coi mae­stri eporediesi.

Aure­lio Pec­cei si rese con­to di tut­to que­sto, pen­sò che una solu­zio­ne pote­va esse­re lascia­re a Ivrea la pro­du­zio­ne e anche la ricer­ca, ma for­se il cuo­re dell’azienda dove­va esse­re por­ta­to fuo­ri in modo da taglia­re que­sto cor­do­ne psi­co­lo­gi­co e cul­tu­ra­le che avreb­be potu­to nel futu­ro rap­pre­sen­ta­re un han­di­cap soprat­tut­to in una com­pe­ti­zio­ne inter­na­zio­na­le più acce­sa, rac­co­glien­do dun­que i pen­sie­ri e le ulti­me mos­se di Adria­no. E così in effet­ti è poi sta­to, la sto­ria ha dimo­stra­to che ha avu­to ragio­ne. Pec­cei ave­va anche pre­vi­sto una ristrut­tu­ra­zio­ne orga­niz­za­ti­va non solo per tene­re con­to del­le con­si­de­ra­zio­ni di cui sopra, ma per intro­dur­re nuo­ve fun­zio­ni e nuo­vi modi ope­ra­re, per esse­re in altri ter­mi­ni, sem­pre più internazionale.

Il Pre­si­den­te non appro­vò l’analisi e le pro­po­ste dell’amministratore dele­ga­to, la discus­sio­ne tra di loro ter­mi­nò con un divor­zio non per incom­pa­ti­bi­li­tà, ma per una visio­ne diver­sa dell’azienda.

Toc­ca a Rober­to Oli­vet­ti e Bru­no Jarach.

Da que­sto momen­to il pote­re è chia­ra­men­te nel­le mani del Pre­si­den­te, che deci­de la linea stra­te­gi­ca, met­te al coman­do le per­so­ne com­pa­ti­bi­li con il suo pen­sie­ro, segna­la che non sono ammes­se devia­zio­ni da que­sta linea, e il caso Pec­cei ne è una pro­va e dimo­stra anche il suo lega­me con la fami­glia che ten­de ad evi­ta­re inve­sti­men­ti e ristrut­tu­ra­zio­ni costo­se e la sua influen­za sul grup­po di inter­ven­to che gli dele­ga il potere.

Dun­que il Pre­si­den­te nomi­na ammi­ni­stra­to­ri dele­ga­ti Rober­to Oli­vet­ti e Bru­no Jarach a fir­ma con­giun­ta, vuol dire che nes­su­no dei due è auto­no­mo e può deci­de­re da solo e, soprat­tut­to, che lui rima­ne l’arbitro asso­lu­to del­la situazione.

Per la veri­tà l’amministratore dele­ga­to vero è Rober­to Oli­vet­ti, è lui che ha la cul­tu­ra, la visio­ne, le idee per gui­da­re l’azienda e far­lo in nome del padre, di cui è l’interprete miglio­re e di cui è sta­to il col­la­bo­ra­to­re ideo­lo­gi­co prin­ci­pa­le. Bru­no Jarach, rap­pre­sen­tan­te del siste­ma epo­re­die­se e fede­le segua­ce del Pre­si­den­te, è solo la pal­la al pie­de di Rober­to, è la diga che ten­de a bloc­car­lo e limi­tar­lo nel­le sue idee. Per­ché Rober­to è con­si­de­ra­to trop­po illu­mi­ni­sti­co, la fami­glia dice che somi­glia mol­to al padre e il padre non è mai pia­ciu­to tan­to al resto del­la fami­glia che lo ave­va anche fat­to fuo­ri e lo ha rein­te­gra­to solo per­ché poi ha capi­to che non sape­va cosa fare. E Il Pre­si­den­te Visen­ti­ni fa gli inte­res­si del­la fami­glia che peral­tro gli garan­ti­sce il potere.

Rober­to in que­sto perio­do fa quel­lo che può, con­si­de­ran­do che non ha la leva finan­zia­ria sal­da­men­te nel­le mani di Bru­no Visen­ti­ni e dei suoi uomi­ni, nel­le sue deci­sio­ni deve costan­te­men­te media­re con Bru­no Jarach, per­si­no nel­la scel­ta del­le per­so­ne deve fare i con­ti con Pao­lo Vol­po­ni, nomi­na­to Diret­to­re del Per­so­na­le, e cer­ta­men­te più vici­no a Visen­ti­ni che a lui. Pao­lo Vol­po­ni è sta­to un uomo vici­no al Pre­si­den­te fino alla rot­tu­ra che avver­rà quan­do le pro­mes­se fat­te non sono sta­te man­te­nu­te, alme­no secon­do lo stes­so Volponi.

Rober­to comun­que cer­ca di pro­muo­ve­re in tut­ti i modi la pic­co­la elet­tro­ni­ca (la gran­de era sta­ta ven­du­ta) per cer­ca­re di tra­sfor­ma­re l’impresa anco­ra pre­va­len­te­men­te mec­ca­ni­ca. In que­sto perio­do si veri­fi­ca una sto­ria buf­fa a dir poco, che vale la pena ricor­da­re. Il mon­do del cal­co­lo in cui la Oli­vet­ti era sta­ta gran­de pro­ta­go­ni­sta con la famo­sa Divi­sum­ma 24 sta­va total­men­te tra­sfor­man­do­si in elet­tro­ni­co soprat­tut­to per i pro­dot­ti pro­ve­nien­ti dall’Oriente che sta­va­no inva­den­do i mer­ca­ti mon­dia­li, quel­lo ita­lia­no inclu­so ovvia­men­te. Ivrea, il suo esta­bli­she­ment evi­den­te­men­te con il sup­por­to di Bru­no Jarach pro­get­tò una cal­co­la­tri­ce inte­ra­men­te mec­ca­ni­ca (si chia­ma­va Logos 27 e se ne fece­ro per­si­no due ver­sio­ni), un asso­lu­to capo­la­vo­ro di mec­ca­ni­ca fine da far con­cor­ren­za a qual­sia­si oro­lo­gia­io sviz­ze­ro, che pote­va fare le stes­se cose sul pia­no pre­sta­zio­na­le di una cal­co­la­tri­ce elet­tro­ni­ca. Evi­den­te­men­te con dimen­sio­ni diver­se, con peso diver­so, con costo diver­so, con manu­ten­zio­ne e fra­gi­li­tà diver­se, con ope­ra­ti­vi­tà più com­pli­ca­te. Come è natu­ra­le è sta­to un cla­mo­ro­so flop, un costo che l’azienda ha paga­to al pote­re di una casta che influen­za­va tut­ta l’azienda. Nes­su­no ha paga­to per questo.

Rober­to intan­to cer­ca­va di pro­muo­ve­re l’elettronica, spin­ge­va Pier Gior­gio Perot­to che ave­va la respon­sa­bi­li­tà del­la ricer­ca elet­tro­ni­ca a svi­lup­pa­re pro­get­ti, favo­ri­va l’uscita del­la Pro­gram­ma 101, il pri­mo incom­pre­so per­so­nal com­pu­ter al mon­do. Incom­pre­so dall’azienda, igno­ra­to da lar­ghi set­to­ri del­la stes­sa per non dire osteg­gia­to per­ché sca­val­ca­va tut­ta una serie di equi­li­bri inter­ni. Cer­ca­va di poten­zia­re e siste­ma­re il set­to­re dei siste­mi infor­ma­ti­vi a Ivrea e nel­le con­so­cia­te rite­nen­do che si pote­va fare di più, si pote­va esse­re più coor­di­na­ti, si sareb­be potu­to sfrut­ta­re meglio l’informatica non solo per gesti­re l’amministrazione o per pro­gram­ma­re la pro­du­zio­ne, ma per mol­to altro e che for­se era indi­spen­sa­bi­le far­lo da par­te di una azien­da che ope­ra­va nel set­to­re. Cer­ca­va, inol­tre, seguen­do le orme del padre, di inse­ri­re in azien­da per­so­ne di valo­re, sup­por­ta­va lo svi­lup­po del­le atti­vi­tà di mar­ke­ting e di pro­duct plan­ning affi­da­te a Else­ri­no Piol. Quest’ultimo da lui volu­to trat­te­ne­re in Oli­vet­ti, così come era sta­to per Pier Gior­gio Perot­to, quan­do tut­ta la Divi­sio­ne Elet­tro­ni­ca fu ven­du­ta alla Gene­ral Electric.

 

Come era la Oli­vet­ti in que­sto periodo.

Era fer­ma nel­la sostan­za. Rober­to Oli­vet­ti ten­ta­va di dar­le una visio­ne, inter­ve­ni­va su cose impor­tan­ti ma non pote­va toc­ca­re il cuo­re dell’impresa per­ché veni­va bloc­ca­to; Else­ri­no Piol ten­ta­va dispe­ra­ta­men­te di influen­za­re le idee del­la ricer­ca e del­la pro­du­zio­ne in tut­ti i modi anche con i rap­por­ti per­so­na­li, cer­ca­va cioè di fare in modo che il mer­ca­to non fos­se con­si­de­ra­to una varia­bi­le indi­pen­den­te e face­va gran­di sfor­zi con risul­ta­ti mode­sti. Il set­to­re com­mer­cia­le este­ro affi­da­to da sem­pre a Gui­do Tre­ves non mostra­va segni di dina­mi­smo, come peral­tro la stes­sa Divi­sio­ne Ita­lia ora affi­da­ta a Umber­to Pelà, le filia­li più impor­tan­ti nel­le piaz­ze più dina­mi­che era­no da anni nel­le mani del­le stes­se per­so­ne. Di inve­sti­men­ti non se ne par­la­va anche per­ché nes­su­no vole­va inve­sti­re e non si sape­va comun­que dove inve­sti­re per­ché non c’erano visio­ni del futu­ro, la fami­glia si sen­ti­va pro­tet­ta dal Pre­si­den­te. Pao­lo Vol­po­ni pen­sa­va di fare un gior­no l’amministratore dele­ga­to, glie­lo ave­va pro­mes­so il Pre­si­den­te in una del­le loro cene da Yvon­ne a Quin­ci­net­to alle qua­li era pre­sen­te sem­pre anche Mario Caglie­ris. E sogna­va una impre­sa che potes­se tor­na­re alle ori­gi­ni, alle idee di Adria­no e anco­ra oltre, una impre­sa che rein­ter­pre­tas­se il capi­ta­li­smo in chia­ve socia­le e uma­na, come descri­ve bene il bel libro a lui dedi­ca­to da Maria Lau­ra Ercolani.

Natu­ral­men­te, quan­do le impre­se si fer­ma­no, si dedi­ca­no a gesti­re le loro posi­zio­ni, gli azio­ni­sti cer­ca­no di mone­tiz­za­re il più pos­si­bi­le, quan­do man­ca il corag­gio di intra­pren­de­re per dir­la clas­si­ca­men­te, la rego­la dice che deca­do­no. Pri­ma o dopo deca­do­no e più sono in alto più il roto­la­men­to si sen­te e fa male. Alla fine di que­sto perio­do, la Oli­vet­ti era fer­ma come pre­sen­za sul mer­ca­to, veni­va sca­val­ca­ta dal­la elet­tro­ni­ca che irrom­pe­va in tut­ti i set­to­ri, inges­sa­ta orga­niz­za­ti­va­men­te, mal mes­sa finanziariamente.

Il Pre­si­den­te capì che era faci­le la gestio­ne di que­sta azien­da, ma che pri­ma o dopo sareb­be suc­ces­so un disa­stro e deci­se di cam­bia­re gli ammi­ni­stra­to­ri dele­ga­ti. Fece cioè quel­lo che fan­no le squa­dre di cal­cio, quan­do van­no male non si chie­do­no per­ché, non si chie­do­no se han­no sba­glia­to la cam­pa­gna acqui­sti, si limi­ta­no a cam­bia­re alle­na­to­re. E così deci­se di fare Bru­no Visentini.

Fece una inda­gi­ne, con­sul­tò ban­che e con­su­len­ti e tut­ti gli indi­ca­ro­no Otto­ri­no Bel­tra­mi. Ex Oli­vet­ti che cono­sce­va bene l’azienda, un mana­ger di gran­de espe­rien­za anche inter­na­zio­na­le, Pre­si­den­te in cari­ca del­la SIP (l’attuale Tele­com Ita­lia), sicu­ra­men­te esper­to del set­to­re del­le tec­no­lo­gie, con una rete di rela­zio­ni per­so­na­li di note­vo­le livello.

Bel­tra­mi fu con­tat­ta­to e accet­tò la pro­po­sta, ma non accet­tò di con­di­vi­de­re la posi­zio­ne di ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to con Pao­lo Vol­po­ni come ave­va ten­ta­to di pro­por­re il Pre­si­den­te, vole­va il pote­re e si assu­me­va tut­te le respon­sa­bi­li­tà. Per la veri­tà anche Vol­po­ni con­sul­ta­to si era rifiu­ta­to di con­di­vi­de­re quel­la posi­zio­ne, che non gli avreb­be in nes­sun modo con­sen­ti­to di per­se­gui­re il suo sogno sul­la Olivetti.

Pao­lo Vol­po­ni il gran­de escluso

Di con­se­guen­za Pao­lo Vol­po­ni die­de le dimis­sio­ni e andò a fare il diret­to­re gene­ra­le del­la Fon­da­zio­ne Agnel­li (non per mol­to per­ché quan­do dichia­rò che avreb­be vota­to per il par­ti­to comu­ni­sta il gior­no dopo ven­ne licen­zia­to, quel­la gen­te non era libe­ra­le sino a que­sto pun­to) e Otto­ri­no Bel­tra­mi ven­ne nomi­na­to ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to unico.

Appe­na instal­la­to Bel­tra­mi agì imme­dia­ta­men­te e su più fron­ti, aven­do capi­to che la situa­zio­ne era al limi­te e che biso­gna­va far pre­sto e che se deci­sio­ni impor­tan­ti pote­va pren­de­re lo avreb­be potu­to fare nel­la pri­ma par­te del suo man­da­to quan­do il Pre­si­den­te non avreb­be osa­to oppor­si o invi­tar­lo in modo pres­san­te alla prudenza.

Assun­se subi­to Mari­sa Bel­li­sa­rio, sua col­la­bo­ra­tri­ce alla Honey­well Infor­ma­tion System dove rico­pri­va il ruo­lo del­la pia­ni­fi­ca­zio­ne ed era mol­to sti­ma­ta dagli ame­ri­ca­ni. A lei affi­dò il com­pi­to del­la pia­ni­fi­ca­zio­ne dei pro­dot­ti, del mer­ca­to e del busi­ness, in altri ter­mi­ni lei coor­di­na­va i lavo­ri dell’azienda dal­la ricer­ca alla pro­du­zio­ne con­trol­lan­do carat­te­ri­sti­che, tem­pi e costi ed era anche respon­sa­bi­le del­la defi­ni­zio­ne dei prez­zi di ven­di­ta di tut­ti i pro­dot­ti alle con­so­cia­te, pri­ma sot­to la respon­sa­bi­li­tà di Gui­do Tre­ves, il diret­to­re com­mer­cia­le, oggi si direb­be in con­flit­to di inte­res­se in que­sta fun­zio­ne. Mari­sa Bel­li­sa­rio in poche paro­le ave­va la respon­sa­bi­li­tà di rea­liz­za­re la tra­sfor­ma­zio­ne del­la azien­da dal­la mec­ca­ni­ca alla elet­tro­ni­ca, di rive­de­re tut­to il pia­no dei pro­dot­ti, la strut­tu­ra per far­li e deter­mi­na­re i prez­zi di inter­scam­bio tra la sede cen­tra­le e tut­te le strut­tu­re peri­fe­ri­che sia per i pro­dot­ti fini­ti che per le parti.

Ma nel­lo stes­so tem­po Bel­tra­mi si dedi­cò alla ristrut­tu­ra­zio­ne del­la orga­niz­za­zio­ne com­mer­cia­le. Can­cel­lò la dire­zio­ne com­mer­cia­le uni­ca, creò quat­tro divi­sio­ni: Ita­lia, Euro­pa, Ame­ri­ca Lati­na, pae­si del medio orien­te, oltre alla con­so­cia­ta ame­ri­ca­na. Cam­biò alcu­ni respon­sa­bi­li, fece una poli­ti­ca ver­so i gio­va­ni nomi­nan­do Vit­to­rio Levi respon­sa­bi­le del­la Divi­sio­ne Ita­lia, spin­se i nuo­vi diret­to­ri di divi­sio­ne ver­so un nuo­vo dina­mi­smo e ver­so stra­te­gie di aggres­sio­ne diver­se rispet­to al passato.

In poche paro­le Otto­ri­no Bel­tra­mi fece il capo ope­ra­ti­vo vero dell’azienda, cer­cò di rin­no­var­la, dai pro­dot­ti agli uomi­ni, dal­le stra­te­gie al modo di gesti­re. Cer­cò in tut­ti i modi di smon­ta­re anche il famo­so siste­ma epo­re­die­se che tan­to ave­va con­di­zio­na­to l’impresa dopo la mor­te di Adria­no, riu­scì con la Bel­li­sa­rio solo a taci­tar­lo ma non ad eli­mi­nar­lo, dopo di lui ripre­se vigore.

Sul pia­no finan­zia­rio il pote­re di Bel­tra­mi era limi­ta­to per­ché quel­lo era il cam­po di azio­ne del Pre­si­den­te. Dopo cin­que anni e dopo il rin­no­va­men­to dav­ve­ro tota­le del­la azien­da, soprat­tut­to nei pro­dot­ti, la situa­zio­ne finan­zia­ria era cri­ti­ca per gli inve­sti­men­ti fat­ti in tem­pi ristret­ti. Bel­tra­mi ave­va for­mu­la­to uno stu­dio, un pia­no pre­pa­ra­to con Enri­co Cuc­cia di Medio­ban­ca per con­sen­ti­re alla azien­da di dispor­re dei mez­zi neces­sa­ri per lo svi­lup­po, ora che pote­va pen­sar­ci dav­ve­ro. Ovvia­men­te con alcu­ne limi­ta­zio­ni del pote­re e del ruo­lo degli azio­ni­sti e con una influen­za mag­gio­re del­la stes­sa Mediobanca.

Il Pre­si­den­te boc­ciò que­sto pia­no e pre­fe­rì stu­dia­re un’altra solu­zio­ne che pre­se in soli­ta­rio e con il pare­re del­la fami­glia che si rese con­to a que­sto pun­to che il suo ridi­men­sio­na­men­to era ine­vi­ta­bi­le, non pote­va rima­ne­re aggrap­pa­ta ad un albe­ro che con­ti­nua­va a spo­gliar­si di tut­te le foglie. La deci­sio­ne fu di cede­re il con­trol­lo e la gestio­ne del­la Oli­vet­ti a Car­lo De Bene­det­ti, finan­zie­re e mana­ger a spas­so dopo il suo allon­ta­na­men­to dal­la Fiat dove per novan­ta gior­ni era sta­to ammi­ni­stra­to­re dele­ga­to. Sul­la sto­ria dei rap­por­ti dell’Ingegnere con l’Avvocato, come era cono­sciu­to nel mon­do Gian­ni Agnel­li, ci sono varie ver­sio­ni, inter­vi­ste e addi­rit­tu­ra libri. Ma for­se la veri­tà, quel­la uma­na e non solo pro­fes­sio­na­le in modo com­ple­to nes­su­no sal­vo gli inte­res­sa­ti la conosce.