Renato Guttuso e la Olivetti adrianea

Adria­no Oli­vet­ti  nel­l’am­bi­to di una vasta pro­mo­zio­ne cul­tu­ra­le ad ampio rag­gio, favo­rì il mon­do del­la pit­tu­ra sen­za occu­par­se­ne diret­ta­men­te. Così fu lui a com­mis­sio­na­re a Rena­to Gut­tu­so il gran­de qua­dro «Boo­gie Woo­gie» rima­sto per anni a Roma, nel­lo show room Oli­vet­ti di via del Tri­to­ne e poi por­ta­to nei moder­nis­si­mi sta­bi­li­men­ti di Scar­ma­gno, desti­na­ti a diven­ta­re il cuo­re dell’ infor­ma­ti­ca, all’i­ni­zio degli anni Set­tan­ta, tra con­te­sta­zio­ni e pole­mi­che. Davan­ti a «Boo­gie Woo­gie», sim­bo­lo di un’o­pe­ra d’ arte frui­bi­le ogni gior­no da miglia­ia di lavo­ra­to­ri, in un arco di tem­po lun­go tren­t’an­ni, è tra­scor­sa la sto­ria di un’ azien­da: ci sono sta­te assem­blee e per­si­no, nel perio­do in cui la fab­bri­ca fu occu­pa­ta, rap­pre­sen­ta­zio­ni tea­tra­li sul­le figu­re cari­sma­ti­che di Camil­lo e Adria­no. Oggi  «Boo­gie Woo­gie», otto metri di inno alla vita per la guer­ra appe­na con­clu­sa, è visi­bi­le in un altro spa­zio che riman­da ad un signi­fi­ca­to pre­ci­so per Ivrea e la Oli­vet­ti: le Offi­ci­ne H. Lo spa­zio, rea­liz­za­to nel 1957 da Eduar­do Vit­to­ria attra­ver­so la coper­tu­ra del cor­ti­le del­la «Nuo­va Ico», lun­go via Jer­vis, a cin­que­cen­to metri dal­la fab­bri­ca di mat­to­ni ros­si nel­la qua­le, nel lon­ta­no 1908, comin­ciò l’av­ven­tu­ra di Camil­lo, ha per­so la sua fun­zio­ne di con­te­ni­to­re di un pro­ces­so pro­dut­ti­vo, ma non la sua valen­za simbolica.

 

Pit­tu­ra mura­le di Rena­to Gut­tu­so, rea­liz­za­ta nel 1945 per lo show-room Oli­vet­ti di Roma su una pare­te di due pia­ni spez­za­ta da una sca­la. Negli anni ’70, quan­do il loca­le ven­ne lascia­to, il gran­de dipin­to (8x8 metri) fu stac­ca­to e ricol­lo­ca­to nel­la men­sa degli sta­bi­li­men­ti di Scar­ma­gno (Tori­no). L’o­pe­ra­zio­ne susci­tò per il suo costo pole­mi­che tra gli ope­rai, in un perio­do di già inten­se agi­ta­zio­ni; Gut­tu­so inter­ven­ne rac­con­tan­do ad un gior­na­le di aver chie­sto alla Oli­vet­ti che il suo lavo­ro fos­se paga­to ad ore, secon­do il gua­da­gno di un ope­ra­io spe­cia­liz­za­to. Attual­men­te il dipin­to si tro­va nel­l’a­rea del­l’ex Offi­ci­na H degli sta­bi­li­men­ti ICO di Ivrea, ristrut­tu­ra­ta per esse­re adi­bi­ta a spa­zio per espo­si­zio­ni, con­ve­gni e spet­ta­co­li. Qui il dipin­to è sta­to espo­sto, insie­me ad altre 80 ope­re cir­ca, nel­la mostra cura­ta da Ren­zo Zor­zi “55 arti­sti del Nove­cen­to dal­la rac­col­ta Oli­vet­ti” del 2002. La mostra, secon­do le paro­le di Anto­nio Tes­so­ne ‑allo­ra pre­si­den­te del­la Olivetti‑, “in una sto­ria più gene­ra­le del­la Oli­vet­ti […] atte­sta la volon­tà di inclu­de­re anche l’ar­te negli obiet­ti­vi del­l’im­pre­sa, e di rite­ner­la anzi una del­le for­me crea­ti­ve più impor­tan­ti, rive­la­tri­ci e for­ma­ti­ve, per­se­guen­do­ne l’ac­qui­si­zio­ne con una assi­dui­tà e con­ti­nui­tà di cui oggi si può con­sta­ta­re il per­cor­so e il valore”.