di Walter Veltroni
dal Corriere della sera del 11 gennaio 2020
Il pc dell’Olivetti (che spaventò l’America) e il mistero della morte di Mario TchouMario Tchou con Elisa Montessori, sua seconda moglie. Elisa, nipote dell’ex senatore a vita Meuccio Ruini, oggi vive a Roma
Quella che sto per raccontare è una storia italiana. C’è tutto: lavoro, studio, ricerca, impresa, amore, morte, mistero. E al centro della storia si staglia, come illuminato da un occhio di bue, un uomo, giovane, che ora non c’è più. Un genio di trentasette anni, morto in un incidente stradale sul quale ancora aleggia una coltre di sospetto. Un uomo elegante, bello, gentile, un leader naturale. L’uomo che tra i primi, in Italia e non solo, aveva capito che il destino del mondo sarebbe stato segnato dai computer. Quell’uomo che immagino mi guardi, mentre scrivo di lui, è un cinese di Roma. Ha studiato al Liceo Torquato Tasso, mentre l’Italia, applaudendo, entrava in guerra. È lì che ho incontrato il suo nome, un anno fa. Quando seguii le lezioni di una classe di terza liceo per riferirne su queste colonne, un archivista — figura che, ovunque, meriterebbe una medaglia al valore — mi mostrò il registro di una classe nella quale c’erano alcune delle colonne della resistenza romana e poi della sinistra italiana: Alfredo Reichlin, Luigi Pintor, Arminio Savioli. E poi, in fondo alla lista dell’appello — il più innocente immaginabile, in quei tempi bastardi — c’era un inusuale nome cinese. Un ragazzo che, già dall’anagrafe, era un ossimoro, specie per i tempi.