Quello del trasferimento della OCN spa (OLIVETTI CONTROLLO NUMERICO) da San Bernardo d’Ivrea a Marcianise fu uno degli episodi più avventurosi e complessi sia per la dirigenza locale che per le maestranze tutte. Fu anche un’operazione tra le più dispendiose per le casse dello Stato che doveva finire nel giro di un paio di lustri. Costò circa 1400 miliardi delle vecchie lire di cui 788 a fondo perduto. Questo assicurava lavoro a circa 750 addetti sui circa 1300 occupati nella vecchia Olivetti.
Per molti significò per un periodo di circa sei mesi sommare allo stipendio i soldi della trasferta ad Ivrea per i corsi di addestramento. Il che non era male, se si pensava di imparare un altro mestiere ed avere una migliore qualificazione professionale. I gruppi di lavoro si organizzavano con viaggi di ritorno a casa il venerdì sera e ripartenza la domenica sera per essere sul posto di lavoro il lunedìa San Bernardo..
Una vita non facile ma che si poteva sopportare.
La vecchia fabbrica di Marcianise fu completamente trasformata con la costruzione di una nuova ala più alta del fabbricato precedente per realizzare la zona di montaggio delle macchine a controllo numerico. In contemporanea si costruì una sala metrologica di una tale accuratezza che oltre ad essere climatizzata si reggeva su enormi ammortizzatori per assorbire eventuali vibrazioni provenienti dal suolo.
A dirigere lo stabilimento fu chiamato l’ing. Alberto Chirieleison.
Amara invece per i lavoratori la fine dell’avventura sfociata in due nuove società Alitec srl e Modinform srl con cassa integrazione, dequalifica dello status, e prepensionamenti.
Racconta l’ex amministratore delegato Giuseppe Calogero in uno suo scritto: “Poco tempo prima che la Direzione Consociate nascesse, mi capitò un evento che sconvolse tutti i miei piani strategici. Questo evento si chiamava “Marcianise”. Era questo il nome di un paesino del Sud, vicino a Caserta, dove solo tre anni prima la Olivetti aveva deciso di aprire un’attività produttiva di macchine contabili meccaniche, senza prevedere che nel frattempo queste sarebbero state rapidamente sostituite da quelle elettroniche, e a Marcianise c’erano 1300 operai, tutti giovani e addestrati a costruire e montare solo quel tipo di macchine. Lo stabilimento era enorme, di 10.000 metri quadrati e al suo interno si viaggiava in bicicletta; il mattino, chi era a un’estremità non vedeva l’altra, che era nascosta da una sorta di nebbiolina dovuta all’umidità della campagna circostante. Ragionevolmente si sarebbe dovuto mettere il personale in cassa integrazione e intanto trovare soluzioni di reimpiego dell’impianto con l’intervento di qualche impresa esterna interessata a svolgere un’attività in loco, ma per qualche motivo che non interessa questa descrizione l’Olivetti non aveva mai voluto usare la cassa integrazione. Pensò invece alla OCN. La Bellisario mi chiamò per un incontro e mi disse: “C’è questo problema, allora si è pensato che tu che fai tanti buoni affari in Unione Sovietica e che dai lavoro al Comau per farti fare le macchine per le quali non hai sufficiente capacità produttiva, potresti invece farle a Marcianise convertendo quello stabilimento che in fondo fa già prodotti meccanici.”. Una bella doccia fredda del tutto inattesa. Non sono abituato a perdermi d’animo nei momenti difficili, perciò non mi scomposi e replicai: “Sbagliato. Le commesse che ho preso dall’Unione Sovietica sono episodiche e non si ripeteranno in eterno. Ho solo colto a volo un’occasione imperdibile per rimpannucciare l’OCN sul piano economico e patrimoniale e ho usato il Comau per non impiegare la capacità produttiva interna, perché in caso contrario avremmo trascurato e rischiato di perdere il nostro mercato naturale di sbocco. .…..