Intervista ad Adriano Olivetti (estratto audio documentario Rai 1960)

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Il docu­men­ta­rio che tra pochi istan­ti vi pre­sen­te­re­mo è dedi­ca­to ad Adria­no Oli­vet­ti. L’abbiamo gira­to pochi gior­ni fa ad Ivrea, non vole­va­mo fare un vero e pro­prio ritrat­to, un ritrat­to com­piu­to, vole­va­mo sem­pli­ce­men­te fare un incon­tro con una per­so­na­li­tà di pri­mis­si­mo pia­no nel mon­do dell’industria e del­la cul­tu­ra. Un incon­tro con un Oli­vet­ti vivo anzi direi nel pie­no del­la sua atti­vi­tà sem­pre vol­ta  al futu­ro, i suoi più vici­ni col­la­bo­ra­to­ri dico­no che ad Oli­vet­ti qua­si non inte­res­sa­va il pas­sa­to, gli inte­res­sa­va solo o soprat­tut­to il futu­ro. Così era Oli­vet­ti fino a qual­che gior­no fa, quan­do lo incon­tram­mo ad Ivrea in occa­sio­ne del­la rea­liz­za­zio­ne del nostro docu­men­ta­rio. Oggi pur­trop­po que­sto nostro incon­tro acqui­sta una ina­spet­ta­ta fun­zio­ne di ricor­do avrem­mo potu­to muta­re fisio­no­mia al docu­men­ta­rio dopo la noti­zia del­la tra­gi­ca scom­par­sa di Adria­no Oli­vet­ti, noti­zia che ci ha tut­ti com­mos­si, ma pre­fe­ria­mo mostrar­ve­lo così, come lo abbia­mo vedu­to, come lo abbia­mo cono­sciu­to fino a pochi gior­ni fa,  vivo e padro­ne di se stes­so. Per que­sto non abbia­mo muta­to nul­la al nostro documentario.

E’ una dome­ni­ca di Feb­bra­io que­sta, c’è neve fa mol­to fred­do. Ci stia­mo recan­do ad Ivrea per incon­tra­re Adria­no Oli­vet­ti, da pochi minu­ti abbia­mo lascia­to la sta­zion­ci­na di Calus , sta­zion­ci­na che pre­ce­de imme­dia­ta­men­te quel­la di Ivrea. Ivrea è la cit­tà di Adria­no Oli­vet­ti, in un cer­to sen­so dovrem­mo dire il regno di Adria­no Olivetti.

Men­tre mi reca­vo quel­la dome­ni­ca ad Ivrea e guar­da­vo dal tre­no il pae­sag­gio del Cana­ve­se, pen­sa­vo intan­to alle dif­fi­col­tà che avrei incon­tra­to. La per­so­na­li­tà di Adria­no Oli­vet­ti è così com­ples­sa mi dice­vo, che non sarà faci­le nel cor­so di una gior­na­ta coglier­ne tut­ti gli aspet­ti: indu­stria­le, uomo di cul­tu­ra, poli­ti­co, scrit­to­re, ideo­lo­go  e soprat­tut­to susci­ta­to­re di un’infinità di ini­zia­ti­ve ardi­te ed intel­li­gen­ti. Che cosa non ha fat­to nel­la sua vita Adria­no Olivetti?

Pri­ma di recar­mi da Adria­no Oli­vet­ti pen­sai di fare un giro per la cit­tà per ren­der­mi con­to dell’ambiente in cui egli tra­scor­re buo­na par­te del suo tem­po. Non ave­vo mai visto Ivrea me la imma­gi­na­vo però come una tipi­ca cit­tà indu­stria­le pen­sa­vo che il suo rit­mo di vita, il suo vol­to, il modo di cam­mi­na­re e di muo­ver­si dei suoi abi­tan­ti  si con­for­mas­se al rit­mo impo­sto dal­le sue indu­strie e inve­ce più mi guar­da­vo intor­no più mi si face­va net­ta, pre­ci­sa, l’impressione di esse­re capi­ta­to in una bel­la, pic­co­la cit­tà fuo­ri del mon­do. I muri vec­chi le stra­de stret­te e silen­zio­se, gli abi­tan­ti gen­ti­li e riser­va­ti insom­ma come se Ivrea non fos­se sta­ta toc­ca­ta dal­la civil­tà indu­stria­le. E così non potei fare a meno di fer­mar­mi a guar­da­re qual­che scor­cio, un bal­co­ne, una fac­cia­ta, qual­che deli­zio­sa mostra di nego­zio: ecco una far­ma­cia per esem­pio o un cine­ma­to­gra­fo con que­sta pate­ti­ca scrit­ta “ Il pri­mo che die­de in Ita­lia rap­pre­sen­ta­zio­ne di cine­ma­to­gra­fia , micro­sco­pia erag­gi x “ . Mi accor­si poi che pro­prio qui su que­sto pon­te vi è il con­fi­ne inva­li­ca­to del­la vec­chia Ivrea e del­la Ivrea nuo­va, del­la cit­tà indu­stria­le ma intan­to si era fat­to tar­di e dove­vo affret­tar­mi all’appuntamento.

-E’ il direttore?

-Si sono il direttore.

-Cer­co l’ingegnere Olivetti .

-Lei è il dot­tor Garrone?

-Si .

-Per­fet­ta­men­te!! E’ in ritar­do ma ad ogni modo le do indi­ca­zio­ni così fa subi­to. Sem­pre dirit­to al sema­fo­ro a destra c’è Comunità.

-Gra­zie.

Incon­tra­re Adria­no Oli­vet­ti ad una riu­nio­ne di comu­ni­tà, la sua comu­ni­tà, mi sem­brò un’eccellente occa­sio­ne per coglier­lo in uno dei suoi aspet­ti più significativi.

A.Olivetti: “ Abbia­mo così esau­ri­to la secon­da par­te dell’ordine del gior­no, ci tro­via­mo di fron­te ora ad un ordi­ne che ci per­met­te di dare al costo dei nostri lavo­ri un’estensione mag­gio­re. Io vor­rei che dal­la viva voce di voi oggi sca­tu­ris­se­ro gli ele­men­ti più impor­tan­ti del vostro lavo­ro nel­la comu­ni­tà del Cana­ve­se e soprat­tut­to i pro­ble­mi che sor­go­no dal­la nuo­va metodologia …”

Sta­vo assi­sten­do ad una riu­nio­ne del con­si­glio del­la comu­ni­tà del Cana­ve­se, quel­la par­te del Pie­mon­te che costi­tui­sce una spe­cie di regio­ne nel­la regio­ne con carat­te­ri geo­gra­fi­ci, eco­no­mi­ci, socia­li ben distin­ti e specifici.

A.Olivetti : “..pre­ci­sio­ne del nostro lavo­ro nel­la aree e il coor­di­na­men­to urba­ni­sti­co degli inter­ven­ti eco­no­mi­ci. Il ter­zo pro­ble­ma che vor­rei fos­se anco­ra discus­so in que­sta gior­na­ta è anche il pro­ble­ma, secon­do pro­ble­ma del coor­di­na­men­to urba­ni­sti­co, è quel­lo che riguar­da il pia­no inter­co­mu­na­le e lo sta­to dei lavo­ri. Chie­do senz’altro alla Signo­ri­na Ven­tu­ri­ni, capo­grup­po degli assi­sten­ti socia­li, di dire il suo pen­sie­ro sul­lo sta­to dei lavo­ri qui nel Canavese.”.

Sig.na Ven­tu­ri­ni : “ E’ noto che in mol­ti comu­ni del Cana­ve­se … la divi­sio­ne urba­ni­sti­ca, essi sono sta­ti mol­to uti­li per il nostro lavo­ro, han­no biso­gno ora di esse­re aggior­na­ti e mi rivol­go all’attenzione del con­si­glio gene­ra­le e del pre­si­den­te per chie­de­re se si ritie­ne oppor­tu­no che que­sti stu­di d’ambiente e il loro rin­no­va­men­to ven­ga affi­da­to al lavo­ro degli assi­sten­ti sociali “.

Da quel­lo che potei capi­re dall’ultima par­te del­le discus­sio­ni a cui assi­stet­ti si sta­va­no toc­can­do tut­ti i pro­ble­mi più impor­tan­ti del Cana­ve­se : urba­ni­sti­ca, comu­ni­ca­zio­ne, fon­ti di lavo­ro, spe­cia­liz­za­zio­ne tec­ni­ca e pro­fes­sio­na­le , pro­pa­gan­de … ma soprat­tut­to veni­va mes­so l’accento sul pro­ble­ma uma­no. La tec­ni­ca al ser­vi­zio dell’uomo e non vice­ver­sa. Que­sto prin­ci­pio dove­va poi esser­mi con­fer­ma­to in mil­le modi diver­si. Direi che in quel­lo slo­gan “ la tec­ni­ca al ser­vi­zio dell’uomo” potreb­be rias­su­mer­si tut­ta la com­ples­sa per­so­na­li­tà di Adria­no Oli­vet­ti. Intan­to lo guar­da­vo per comin­cia­re a capir­lo, tut­to si sareb­be det­to fuor­ché un capi­ta­no d’industria. Quel vol­to pal­li­do, gen­ti­le, quel modo di par­la­re som­mes­so che evi­den­zia­va sicu­rez­za di sé e del­le pro­prie voca­zio­ni e insie­me come un impac­cio una invin­ci­bi­le timi­dez­za o piut­to­sto mode­stia. Tra poco la riu­nio­ne sareb­be fini­ta e lo avrei final­men­te incon­tra­to fac­cia a fac­cia. La cosa miglio­re per indur­lo a scio­glier­si da ogni riser­bo sareb­be for­se sta­to di chie­der­gli chia­ri­men­ti sul­la sua comunità .

 

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-Abbia­mo assi­sti­to inge­gne­re ad una riu­nio­ne del con­si­glio del­la comu­ni­tà del Cana­ve­se come è com­po­sto que­sto consiglio?

-Il con­si­glio gene­ra­le del­la comu­ni­tà del Cana­ve­se è com­po­sto da tre grup­pi anzi sono gli elet­ti di tre grup­pi, 44 sin­da­ci comu­ni­ta­ri Cana­ve­si eleg­go­no un pri­mo grup­po, un secon­do grup­po è elet­to dai cen­tri socia­li che sono cir­ca 70, il ter­zo grup­po inve­ce sono i rap­pre­sen­ta­ti del­la lega di comu­ni­tà di fab­bri­ca cioè dei lavo­ra­to­ri del­le varie indu­strie filocanavese.

-E  qua­li sono inge­gne­re i rap­por­ti tra que­sta comu­ni­tà del Cana­ve­se che è qua­si un’esemplificazione pra­ti­ca dell’ideologia comu­ni­ta­ria e l’ideologia stessa?

-Ma noi qua abbia­mo volu­to il filo­ca­na­ve­se appun­to per la dif­fi­col­tà di quest’ideologia … crea­re uno stru­men­to vivo, un pro­get­to pilo­ta, un labo­ra­to­rio socia­le  in cui nel­la real­tà nel­la vera vita si da luo­go ad un’azione comu­ni­ta­ria un’azione in cui cia­scu­no nel pro­prio ambi­to e nel­la pro­pria fun­zio­ne lavo­ra ad un fine comu­ne e coor­di­na­to che è la carat­te­ri­sti­ca vita­le dell’ideologia comunitaria .

- E ades­so inge­gne­re dove stia­mo andando?

-Dun­que qui abbia­mo i fab­bri­ca­ti del­la pro­du­zio­ne del­le mac­chi­ne da cal­co­lo, quel­lo del­le mac­chi­ne da   scri­ve­re e ci tro­via­mo qui, lei vedrà alla pro­pria sini­stra abbia­mo il fabbricato …

Dopo aver­mi indi­ca­to le fab­bri­che e gli edi­fi­ci azien­da­li del­la nuo­va Ivrea mi dis­se che mi avreb­be por­ta­to innan­zi­tut­to nel­la biblio­te­ca dell’azienda, un’istituzione a cui è par­ti­co­lar­men­te attac­ca­to e che costi­tui­sce un suo segre­to qua­si un non con­fes­sa­to orgo­glio me lo dis­se con que­sto modo tipi­co di par­la­re qua­si reto­ri­co qua­si dimes­so. Il fat­to  è che Oli­vet­ti non si abban­do­na mai a ciò che si è già fat­to, l’importante per lui è sem­pre ciò che anco­ra si deve fare.

-Ha det­to che ha una biblio­te­ca impor­tan­te, di quan­ti volu­mi si com­po­ne ingegnere?

-Que­sta biblio­te­ca è divi­sa in tre sezio­ni, c’è una sezio­ne cul­tu­ra­le, una sezio­ne scien­ti­fi­ca e socia­le ed una sezio­ne ricrea­ti­va. Tut­te le tre sezio­ni com­pren­do­no oltre i  50.000 volu­mi almeno .

-Quin­di è una cosa note­vo­le. Ma è una biblio­te­ca viva vera­men­te? Cioè ven­go­no qui a leg­ge­re gli operai?

-Ven­go­no mol­tis­si­mo ora le spie­ghe­rò.. pri­ma di tut­to que­sta biblio­te­ca non è mica solo una col­le­zio­ne di libri, fa par­te di un orga­ni­smo più com­ples­so che è un cen­tro cul­tu­ra­le con un insie­me di cor­si per gio­va­ni, per adul­ti, cor­si com­ple­men­ta­ri, mostre, con­fe­ren­ze. Si ten­ta di edu­ca­re i gio­va­ni alla com­pren­sio­ne dei valo­ri del­la cultura.

-Quin­di i risul­ta­ti sono sta­ti deci­sa­men­te positivi?

-Noi abbia­mo, in 15 anni di lavo­ro, inco­min­cia­to con libri anche modesti …

La biblio­te­ca è quin­di mol­to di più di una biblio­te­ca azien­da­le e infat­ti è aper­ta a tut­ti, una vera e pro­pria biblio­te­ca pub­bli­ca. Agli ini­zi le pre­te­se era­no mode­ste, si trat­ta­va di dif­fon­de­re il gusto del­la let­tu­ra e per­ciò si comin­ciò dai libri e dai gior­na­li più popo­la­ri. Oggi tro­vi tut­te le ope­re miglio­ri, i clas­si­ci, i sag­gi più recen­ti più signi­fi­ca­ti­vi, tut­te ope­re scel­te benis­si­mo e sen­za nes­su­na discri­mi­na­zio­ne ideo­lo­gi­ca e poli­ti­ca. E’ una vera e pro­pria biblio­te­ca, non uno stru­men­to di asse­ri­men­to azien­da­le e fun­zio­na dav­ve­ro come ci ha det­to Oli­vet­ti. Fun­zio­na anche come sti­mo­lo cul­tu­ra­le, un libra­io di Ivrea per esem­pio ci ha det­to che le ven­di­te dei libri, via via che la biblio­te­ca Oli­vet­ti si ingran­di­sce, inve­ce di dimi­nui­re aumentano.

-Sen­ta inge­gne­re dato che stia­mo par­lan­do di libri, mi pare che sia arri­va­to il momen­to di par­la­re anche dei suoi libri che costi­tui­sco­no un aspet­to impor­tan­te per, dicia­mo così, deli­nea­re un suo ritrat­to. Per esem­pio  l’ultimo libro che è usci­to recen­tis­si­ma­men­te, mi pare 3 o 4 mesi fa vero?

-No è più recen­te, è del­la fine dell’anno. Que­sto è sem­pli­ce­men­te una rac­col­ta di scrit­ti agli urba­ni­sti, ai comunitari …

-Pos­so veder­li i volumi?

-Ma volen­tie­ri.. dot­tor …. mi fa il favo­re di por­tar­mi qui l’ordine poli­ti­co e le altre cose mie se non le dispiace?

-Dice­va allo­ra che l’ultimo libro è un libro di occa­sio­ne in un cer­to senso?

-Ma si per­ché è una rac­col­ta di scrit­ti e discor­si degli ulti­mi anni e com­ple­ta, for­se anche spie­ga i temi fon­da­men­ta­li dei pre­ce­den­ti . Gra­zie mil­le dottore.

-Que­sto è l’ultimo vero?

-Que­sto è esat­ta­men­te l’ultimo .

-“Cit­tà dell’uomo”

-Si. Que­sto è un com­ple­men­to, for­se anzi spie­ga meglio in modo for­se più sem­pli­ce le cose fon­da­men­ta­li  dell’ordine poli­ti­co che ho scrit­to duran­te l’inverno  del ’44 / ’45. Quel dif­fi­ci­le inver­no in cui io mi tro­va­vo in Svizzera,in Engadina.

-Come mai si tro­va­va in Svizzera?

-Ma in quel tra­gi­co inver­no era las­sù per me un’oasi di tran­quil­li­tà. Mi tro­va­vo lì per­ché qual­che mese pri­ma ero sta­to costret­to a scap­pa­re dall’Italia in segui­to all’arresto che..

-Ah lei è sta­to arre­sta­to nel ‘43?

-Esat­ta­men­te nel ‘43 e uscii dal car­ce­re di Roma, dal Regi­na Coe­li, la sera pri­ma che i tede­schi occu­pas­se­ro il car­ce­re stesso.

-Quin­di dicia­mo che que­sto libro oltre ad esse­re impor­tan­te ideo­lo­gi­ca­men­te è impor­tan­te anche da un pun­to di vista bio­gra­fi­co per­ché le ricor­da un perio­do par­ti­co­lar­men­te significativo?

-Direi di si. Natu­ral­men­te pen­so che la mano del­la prov­vi­den­za abbia cer­ta­men­te avu­to la sua par­te, non cre­do che avrei mai tro­va­to in tut­ta la mia vita un anno di tran­quil­li­tà in mon­ta­gna per scri­ve­re un libro e rior­di­na­re dei pen­sie­ri che ave­vo “pre­pa­ra­to” negli anni precedenti .

-Inve­ce inge­gne­re que­sta è la sezio­ne rivi­ste ovviamente?

-Eh no, que­sta è una par­te del­la sezio­ne rivi­ste, qui ci sono rac­col­te le rivi­ste di socio­lo­gia e in gene­ra­le di uma­ni­sti­ca , di dot­tri­ne poli­ti­che, di storia.

Le rivi­ste tec­ni­che e scien­ti­fi­che, mi ha det­to di Adria­no Oli­vet­ti sono ben 400, ma anco­ra più impor­tan­te il nume­ro del­le rivi­ste cul­tu­ra­li: più di 350 tito­li. Insom­ma tut­te le rivi­ste ita­lia­ne e stra­nie­re più impor­tan­ti. Qua­si 800 tito­li di rivi­ste costi­tui­sco­no un patri­mo­nio impo­nen­te, un for­mi­da­bi­le stru­men­to cul­tu­ra­le. Que­sta è pro­prio una rive­la­zio­ne, una rive­la­zio­ne che lascia per­ples­si in que­sta Ita­lia in cui si scri­ve tan­to e si leg­ge così poco.

-Que­ste sono rivi­ste di architettura?

-Si qui c’è una magra pre­sen­tan­za del­le rivi­ste non solo di archi­tet­tu­ra ma anche di dise­gno industriale .

-Que­ste sono le fab­bri­che Oli­vet­ti? E’ mol­to bel­lo da qui … voglia­mo uscire?

 Sul gran­de via­le pro­spet­ta­no gli edi­fi­ci del­le fab­bri­che, da quel­la moder­nis­si­ma di tre anni fa a quel­la del 1949, del 41, del 34, del 1926 anno in cui Adria­no Oli­vet­ti ini­zia la col­la­bo­ra­zio­ne con il padre nel­la dire­zio­ne dell’azienda. Da allo­ra Adria­no si cir­con­da dei miglio­ri archi­tet­ti ed è il pri­mo ad intro­dur­re corag­gio­sa­men­te in Ita­lia la nuo­va edi­li­zia indu­stria­le, più moder­na, più fre­sca, più alle­gra, più bel­la. Quan­do Camil­lo Oli­vet­ti ini­ziò la sua atti­vi­tà la pri­ma fab­bri­ca acco­glie­va 20 ope­rai, allo­ra Adria­no ave­va appe­na 7 anni. Sfo­glia­re oggi que­ste vec­chie foto­gra­fie di un’età pio­ne­ri­sti­ca ormai defi­ni­ti­va­men­te tra­mon­ta­ta da un cer­to sgo­men­to. La lot­ta era dif­fi­ci­le. Nel 1911 nasce­rà la pri­ma mac­chi­na da scri­ve­re Ita­lia­na ma i costi era­no anco­ra alti e la con­cor­ren­za ame­ri­ca­na for­mi­da­bi­le. L’ingegner Camil­lo non si sco­rag­giò, come per dire il figlio Adria­no, tri­pli­cò i suoi sfor­zi nel cam­po com­mer­cia­le e cer­cò altri soci. Quan­do Adria­no Oli­vet­ti par­la così si capi­sce che non  è sol­tan­to un ideo­lo­go e un sogna­to­re ma un uomo con­cre­tis­si­me con vedu­te  rea­li­sti­che da auten­ti­co busi­ness man. Ma non è del­le fab­bri­che che voglia­mo par­la­re. Il con­tri­bu­to di Adria­no Oli­vet­ti in que­sto sen­so è sta­to for­tis­si­mo e deter­mi­na­te, ma ci sem­bra anco­ra più impor­tan­te, per capi­re la per­so­na­li­tà di Oli­vet­ti, sot­to­li­nea­re il suo sfor­zo per far si che il pro­dot­to indu­stria­le nato come qual­co­sa di sem­pli­ce­men­te uti­le, diven­tas­se anche qual­co­sa di bel­lo. Bel­lez­za e uti­li­tà non sono sem­pre anda­te d’accordo, ma que­sto è appun­to lo sfor­zo del­la civil­tà indu­stria­le più illu­mi­na­ta, far sì che bel­lo e uti­le vada­no final­men­te d’accordo. Que­ste mac­chi­ne com­pli­ca­te che esco­no dal­la fab­bri­ca entre­ran­no nel­le nostre case e dovran­no por­ta­re anche una nota di bel­lez­za. Anche in que­sto cam­po Adria­no Oli­vet­ti può van­ta­re in Ita­lia un suo pri­ma­to. Il tema del­la bel­lez­za sia nel cam­po dell’industria che nel cam­po dell’architettura, dell’ urba­ni­sti­ca è sem­pre sta­to al cen­tro del­le sue pre­oc­cu­pa­zio­ni. La bel­lez­za, mi ha det­to è un momen­to essen­zia­le del­lo spi­ri­to, sen­za la bel­lez­za, l’esperienza del­la bel­lez­za un uomo non sareb­be com­ple­to. Ora anche una mac­chi­na da scri­ve­re può esse­re bel­la. Que­sta per esem­pio, è sta­ta inclu­sa da un isti­tu­to tec­no­lo­gi­co ame­ri­ca­no tra i 100 pro­dot­ti indu­stria­li este­ti­ca­men­te più vali­di. Ed ecco che nel­la pro­get­ta­zio­ne del­lo stu­pen­do nido per i figli dei dipen­den­ti, que­sta pre­oc­cu­pa­zio­ne este­ti­ca è anco­ra pre­sen­te. Non basta acco­glie­re i bam­bi­ni, biso­gna edu­car­li alla bel­lez­za , far­li vive­re in ambien­ti bel­li, far­li espri­me­re libe­ra­men­te nei gio­chi, nei dise­gni in modo che la loro per­so­na­li­tà si for­mi com­ple­ta­men­te. Il tema del­la per­so­na­li­tà è un tema sem­pre ricor­ren­te in Adria­no Oli­vet­ti. Era ine­vi­ta­bi­le che que­sto discor­so mi por­tas­se a doman­dar­gli chia­ra­men­te il suo pen­sie­ro sull’architettura, anzi pre­ci­sa­men­te in che sen­so l’architettura si distin­gua per lui dal­le altre arti tradizionali.

-L’architettura è la for­ma in cui si espri­me una cer­ta socie­tà, le altri arti inve­ce sono un’espressione libe­ra, una mani­fe­sta­zio­ne del­lo spi­ri­to uma­no e quin­di indi­pen­den­te­men­te dal tem­po e dal luogo.

L’architettura come arte impe­gna­ta, un’arte che vive in fun­zio­ne degli uomi­ni che la ado­pe­ra­no e che la abi­ta­no. Così ci sia­mo reca­ti alla fine in uno degli ambien­ti del­la nuo­va fabbrica.

 ‑E’ vero inge­gne­re che a lei capi­ta di veni­re qui in fab­bri­ca più spes­so di dome­ni­ca che non nei gior­ni feria­li quan­do ci sono ope­rai e tec­ni­ci a lavoro?

-E’ vero , è vero. La ragio­ne si rica­va da cer­te espe­rien­ze mol­to vec­chie, quan­do ave­vo 13 anni mio padre mi man­dò a lavo­ra­re in un repar­to di fab­bri, nell’estate del ‘14 e ho fati­ca­to mol­to a lavo­ra­re nel­la fab­bri­ca per­ché il lavo­ro di que­ste mac­chi­ne non mi attrae­va, soprat­tut­to non fis­sa­va la mia atten­zio­ne, la men­te pote­va vaga­re e si stancava.

-Lo guar­da­va con un cer­to sospet­to  que­sto aspet­to il lavo­ro manuale?

-Non è un sospet­to è una spe­cie di rite­gno, è dif­fi­col­tà vera­men­te a capi­re come si potes­se sta­re del­le ore alla stes­sa mac­chi­na sen­za impri­gio­na­re lo spirito .

-Nel sen­so lei pre­fe­ri­sce veder­la tut­ta fer­ma la macchina?

-Eh no! Quan­do la fab­bri­ca è fer­ma i pro­ble­mi del­la tec­ni­ca e le mac­chi­ne spa­ri­sco­no e il pro­ble­ma fon­da­men­ta­le “uomo” diven­ta più chia­ro. E’ quel­lo il pro­ble­ma che mi pren­de quan­do sono a fab­bri­ca chiu­sa, a fab­bri­ca ferma. 

-Ma non si deve rimet­te­re un po’ in movi­men­to ? dico anche per tut­te esigenze…

-No… ha ragio­ne ci sono que­sti tra­spor­ta­to­ri che con un sem­pli­ce bot­to­ne io farò  met­te­re in moto. Ecco. vedrà che que­sto siste­ma trasportatore …

-Lei mi par­la­va del­le sue espe­rien­ze infan­ti­li direi nel­la fabbrica,vuole con­ti­nua­re a raccontarmi?

-Mah … per mol­ti anni que­sto pro­ble­ma di con­ci­lia­re l’uomo alla mac­chi­na mi ha affa­ti­ca­to e quan­do ho comin­cia­to a lavo­ra­re seria­men­te nel­la dire­zio­ne, ho cer­ca­to qua­li era­no i mez­zi per adat­ta­re l’uomo alla mac­chi­na in que­sto ambien­te e mi sono per­sua­so che non esi­ste un ordi­ne. E’ trop­po chia­ro che è un pro­ble­ma di estre­ma com­ples­si­tà dovrem­mo così cer­ca­re di capi­re la que­stio­ne fon­da­men­ta­le, la que­stio­ne del rap­por­to dell’uomo den­tro la fab­bri­ca e fuo­ri dal­la fabbrica.

-Lei pri­ma ci ha par­la­to di alcu­ne sue espe­rien­ze da ragaz­zo, la pre­ghe­rei ades­so di tor­na­re un po’ più indie­tro nel tem­po, si ricor­da quan­do nac­que la pri­ma mac­chi­na da scri­ve­re Olivetti?

- Mi ricor­do che mio padre  espo­se il pri­mo cam­pio­ne all’esposizione di  Tori­no nel 1911 . Pro­prio oggi l’Italia sta cele­bran­do i cen­to anni del Risor­gi­men­to e ripe­te l’esperienza del cin­quan­ten­nio di Tori­no. La pri­ma mac­chi­na usci­ta da que­sta fab­bri­ca vie­ne espo­sta con mol­to interesse.

-E come mai suo padre si deci­se a pro­dur­re pro­prio mac­chi­ne da scrivere?

-Io cre­do per­ché pri­ma di fare mac­chi­ne da scri­ve­re pro­du­ce­va stru­men­ti di misu­ra, soprat­tut­to con­ta­to­ri elet­tri­ci i qua­li era­no distri­bui­ti in mas­sa alle gran­di com­pa­gnie di distri­bu­zio­ne dell’energia elet­tri­ca che sono con­su­ma­to­ri di con­ta­to­ri e quin­di mio padre pen­sa­va che que­sto tipo di rap­por­to non lo ren­des­se abba­stan­za indi­pen­den­te, era un rap­por­to di col­la­bo­ra­zio­ne ma anche di dipen­den­za e vol­le pro­dur­re qual­co­sa come una mac­chi­na, che si ven­de una per una a tan­te per­so­ne diver­se. Que­sta varie­tà di distri­bu­zio­ne gli crea­va la sua indi­pen­den­za a cui lui tene­va mol­tis­si­mo come tut­ti i pio­nie­ri dell’altro seco­lo era un gran­de individualista.

- Voglia­mo anda­re a ritro­va­re ades­so la vec­chia Ivrea dove abi­ta­va la sua famiglia?

 E’ sta­to lo stes­so Adria­no Oli­vet­ti a voler­mi mostra­re la vec­chia Ivrea, quel­la dove nac­que 59 anni fa.

-E que­sta è la casa dove sta­va mio non­no ed il mio bisnon­no, anzi pos­so anche ricor­dar­mi che mio non­no ave­va qui un nego­zio di tes­su­ti e qui c’è anche, qua­si potrei elen­ca­re, una pagi­na di sto­ria eco­no­mi­ca per­ché mio non­no ven­det­te que­sto nego­zio per com­pra­re del­le ter­re e mio padre ven­det­te le ter­re per com­pra­re le mac­chi­ne e fare la fabbrica.

- Cioè un’evoluzione in sintesi …

- Ah scu­si, oggi sta pas­san­do il car­ne­va­le di Ivrea …

- Sono i pifferi?

-Si si! Sono le pri­me mani­fe­sta­zio­ni del car­ne­va­le di Ivrea, quel­lo che comin­cia a Gen­na­io e si con­clu­de nel­le giornate…

- Car­ne­va­le seris­si­mo a quan­to mi dico­no vero?

-Mol­to mol­to impor­tan­te qui ad Ivrea per­ché è una tra­di­zio­ne radi­ca­ta. Buon­gior­no caro Generale!

-Lei lo ha chia­ma­to gene­ra­le ma è gene­ra­le sul serio?

-Si duran­te que­sti gior­ni di car­ne­va­le il nostro coman­dan­te ha pie­ni pote­ri ed auto­ri­tà sul­la cit­tà, libe­ra i pri­gio­nie­ri, supe­ra l’autorità del sindaco.

-Quin­di non è uno scher­zo que­sto car­ne­va­le di Ivrea?

-No, è mol­to serio ha del­le radi­ci pro­fon­de nell’animo popo­la­re e quin­di è una cosa vera­men­te sen­ti­ta, ha una sua tra­di­zio­ne gia­co­bi­na repubblicana.

- Vi devo salu­ta­re per­ché gli uffi­cia­li mi attendono.

-Arri­vi­der­la.

-Lei dice­va che ha un’origine pro­prio popo­la­re, pro­prio gia­co­bi­na addirittura?

- Qui tut­ti i gene­ra­li  por­ta­no le ber­ret­te ros­se. Un americano,uno sprov­ve­du­to ame­ri­ca­no che ven­ne qui al car­ne­va­le nel ’47 , cre­det­te che c’era la rivoluzione.

 

 

 

Ad Ivrea sta­va­no già comin­cian­do le mani­fe­sta­zio­ni car­ne­va­le­sche e intan­to finì così, su quel tono sem­pli­ce e cor­dia­le la mia pas­seg­gia­ta per la cit­tà in com­pa­gnia di Adria­no Olivetti.Ora su que­sto nostro incon­tro con Adria­no Oli­vet­ti ci sem­bra di aver det­to poco o nien­te del­la sua per­so­na­li­tà, non abbia­mo par­la­to del­la sua edu­ca­zio­ne intel­let­tua­le, del­la sua par­te­ci­pa­zio­ne al mon­do del­la cul­tu­ra, del­la sua casa edi­tri­ce di Comu­ni­tà che pure occu­pa un posto tutt’altro che tra­scu­ra­bi­le nel mon­do dell’editoria ita­lia­na. Abbia­mo appe­na sor­vo­la­to sul­la pro­di­gio­sa figu­ra di indu­stria­le, abbia­mo taciu­to dell’espansione indu­stria­le all’estero, per esem­pio, dove ha sem­pre por­ta­to quei carat­te­ri incon­fon­di­bi­li di bel­lez­za e di ele­gan­za che ci pia­ce­reb­be defi­ni­re addi­rit­tu­ra Oli­vet­tia­ni. Abbia­mo tra­scu­ra­to le sue pre­oc­cu­pa­zio­ni socia­li che pure fan­no di lui uno degli espo­nen­ti più sim­pa­ti­ci del capi­ta­li­smo illu­mi­na­to e pro­gres­si­sta. Abbia­mo par­la­to sì del suo amo­re per l’architettura ma si può dire che ci sia­mo fer­ma­ti alle soglie del discor­so, non abbia­mo ricor­da­to per esem­pio il Pia­no Rego­la­to­re del­la Val­le d’Aosta, non abbia­mo det­to che era pre­si­den­te dell’Istituto Nazio­ne di Urba­ni­sti­ca e così via. Abbia­mo det­to poi che l’attività di Oli­vet­ti è sva­ria­tis­si­ma ma non abbia­mo nean­che ricor­da­to che egli era vice­pre­si­den­te del comi­ta­to UNRRA-CASAS, una sua ini­zia­ti­va. Ma come si face­va del resto, nel bre­ve giro di mezz’ora, a con­den­sa­re, a dire tan­te cose. Se fos­se risul­ta­ta, in qual­che modo l’umanità di Adria­no Oli­vet­ti, la sua sem­pli­ci­tà, la sua capa­ci­tà uma­na di com­pren­de­re, il suo rea­li­smo uni­to ad una ingua­ri­bi­le incli­na­zio­ne fan­ta­sti­ca, già ci sem­bre­reb­be di aver fat­to mol­to. Se fos­si­mo riu­sci­ti cioè a dare di lui un’immagine som­ma­ria sì, ma genui­na, auten­ti­ca già ci sen­ti­rem­mo for­se in pic­co­la par­te con­so­la­ti dal­la sua improv­vi­sa ed ina­spet­ta­ta scomparsa.