The Mysterious Affair at Olivetti.

Un com­men­to di Giu­sep­pe Silmo

trat­to da facebook

Negli Sta­ti Uni­ti nel­lo scor­so novem­bre Mery­le Secre­st ha edi­to il suo libro dal tito­lo: “The Myste­rious Affair at Oli­vet­ti”. Ma più intri­gan­te e fran­ca­men­te fuo­ri dal­le righe è il sot­to­ti­to­lo, “IBM, the CIA, and the Cold War Con­spi­ra­cy to Shut Down Pro­duc­tion of the World’s Fir­st Desk­top Computer”.

For­se, per la let­te­ra­tu­ra popo­la­re ame­ri­ca­na è l’approccio giu­sto; sicu­ra­men­te, per un let­to­re ita­lia­no il sot­to­ti­to­lo susci­ta for­ti per­ples­si­tà, se già non le ave­va susci­ta­te il tito­lo. La Con­spi­ra­cy, la cospi­ra­zio­ne, arri­va però solo qua­si alla fine e non per fer­ma­re la pro­du­zio­ne del pri­mo Desk­top Com­pu­ter (“la Pro­gram­ma 101”), ma per fer­ma­re la Divi­sio­ne Elet­tro­ni­ca, pro­dut­tri­ce dei cal­co­la­to­ri Elea, quin­di il sot­to­ti­to­lo è fuor­vian­te rispet­to al con­te­nu­to del libro. Inol­tre, diver­sa­men­te da quan­to com­pa­re nel tito­lo in secon­da di coper­ti­na, “The never told true account” (“La vera sto­ria mai nar­ra­ta pri­ma”), quel­la sto­ria era già sta­ta nar­ra­ta nel mio libro “Oli­vet­ti. Una sto­ria bre­ve” (HEVER Edi­zio­ni 2017), sul­la base di una com­ple­ta e cir­co­stan­zia­ta testi­mo­nian­za di Mario Caglie­ris (Diret­to­re Ammi­ni­stra­ti­vo, Con­trol­lo e Orga­niz­za­zio­ne e poi Diret­to­re del Per­so­na­le del­la Olivetti).

L’intenzione dell’autrice, tut­ta­via, va mol­to al di là del sot­to­ti­to­lo, come ha ampia­men­te illu­stra­to nell’intervista rila­scia­ta alla gior­na­li­sta del Cor­rie­re del­la Sera, Costan­za Riz­za­ca­sa D’Orgogna, nel sup­ple­men­to “La Let­tu­ra” di dome­ni­ca 26 gen­na­io. Mery­le Secre­st infat­ti dice “ave­vo davan­ti un’incredibile sto­ria di spio­nag­gio inter­na­zio­na­le” rife­ren­do­si alle, secon­do lei, miste­rio­se mor­ti di Mario Tchou e Adria­no Oli­vet­ti, ripro­po­nen­do di fat­to la fic­tion «Adria­no Olivetti.

La for­za di un sogno», come giu­sta­men­te l’intervistatrice insi­nua e lei con­fer­ma di aver visto. Alla con­sta­ta­zio­ne dell’intervistatrice che non ci sono pro­ve, rispon­de: «Ho rac­con­ta­to una sto­ria e col­le­ga­to i pun­ti­ni. Ho fat­to del­le ipo­te­si”. Sul­la mor­te di Tchou avve­nu­ta sull’autostrada all’uscita di San­thià, devo ripor­ta­re l’opinione da me regi­stra­ta di Mario Caglie­ris, che accor­so imme­dia­ta­men­te a San­thià non pen­sò affat­to a sce­na­ri diver­si da un inci­den­te, solo un anno o due più tar­di sen­tì voci che face­va­no rife­ri­men­to a una diver­sa versione.

Anche Lui­gi Toz­zi, assun­to da Tchou a Bar­ba­ri­ci­na e allo­ra dipen­den­te del­la Divi­sio­ne Elet­tro­ni­ca, mol­to vici­no al dos­sier, ha soste­nu­to anco­ra pochi mesi pri­ma di lasciar­ci che fu uni­ca­men­te un inci­den­te. Il libro è quel­lo di una bra­va scrit­tri­ce, non di una sto­ri­ca, ini­zia con una love sto­ry, segui­ta da un Car­ne­va­le di Ivrea, dove i vari pia­ni sto­ri­ci e i per­so­nag­gi si con­fon­do­no in una nar­ra­zio­ne per­so­na­le, che un epo­re­die­se sten­ta a rico­no­sce­re come la tra­di­zio­ne del­la pro­pria cit­tà, ma sareb­be un pec­ca­to far­si fer­ma­re da que­ste pri­me pagi­ne. Sfron­da­to di quan­to sopra e dal­la spet­ta­co­la­riz­za­zio­ne da Guer­ra Fred­da, il testo va let­to per­ché, a par­te l’abbondante ricor­so al libro di Pier­gior­gio Perot­to “P101”, è una sto­ria sull’Azienda e sul­la fami­glia Oli­vet­ti, rac­con­ta­ta e vista in gran par­te dall’interno del­la fami­glia stes­sa; in par­ti­co­la­re, dai discen­den­ti di Dino Oli­vet­ti: il figlio David e il nipo­te Mat­teo. L’interesse pri­ma­rio del libro è pro­prio que­sto e qui tro­via­mo gli aspet­ti mai rac­con­ta­ti. Il cuo­re del­la nar­ra­zio­ne ci por­ta a una diver­sa visio­ne del ruo­lo di Visen­ti­ni e dei suoi rap­por­ti con la fami­glia Oli­vet­ti. Una fra­se è mol­to signi­fi­ca­ti­va e apre uno squar­cio impor­tan­te: “Lei [Sil­via, sorel­la di Adria­no] si fida­va di un vec­chio ami­co, Bru­no Visen­ti­ni, […]. Visen­ti­ni non li avreb­be tra­di­ti. O alme­no così lei pen­sa­va. Per le ragio­ni miglio­ri lei mise l’azienda sul­la stra­da del disa­stro.” (p. 214). Anche alcu­ni epi­so­di rife­ri­ti ai rap­por­ti di Visen­ti­ni con i mem­bri del­la fami­glia, tutt’altro che posi­ti­vi, ci dico­no che le cose sono sta­te ben diver­se rispet­to al fat­to che Visen­ti­ni fos­se l’uomo di fidu­cia del­la fami­glia. Come si è sem­pre det­to e scrit­to, non ha mai volu­to aumen­ta­re il capi­ta­le socia­le, man­te­nen­do­lo inva­ria­to per 14 anni dal 1964 all’arrivo di De Bene­det­ti nel 1978, per­ché la fami­glia era con­tra­ria rite­nen­do che avreb­be dilui­to ulte­rior­men­te le pro­prie quo­te azio­na­rie e in ogni caso non sareb­be sta­ta in gra­do di par­te­ci­par­vi. Del­la fami­glia, come risul­ta dal rac­con­to, in real­tà non si è mai cura­to. Cala­to que­sto para­ven­to, come rife­ri­men­to per Visen­ti­ni rima­ne solo il Grup­po di Inter­ven­to, che non vole­va che la Oli­vet­ti rica­des­se nel­la sua ano­ma­lia rispet­to al capi­ta­li­smo ita­lia­no, ma pro­prio il man­ca­to aumen­to di capi­ta­le, per un perio­do così lun­go e con cam­bia­men­ti finan­zia­ri e tec­no­lo­gi­ci così impor­tan­ti, ha por­ta­to l’Azienda al gra­vis­si­mo inde­bi­ta­men­to e alla soglia del fallimento.

Qui però, non sono asso­lu­ta­men­te con­di­vi­si­bi­li i pesan­ti giu­di­zi su Bel­tra­mi, accu­sa­to di aver crea­to tale situa­zio­ne, quan­do inve­ce lui ha tra­ghet­ta­to l’Olivetti ver­so l’elettronica in assen­za di aumen­ti di capi­ta­le nega­te­gli da Visen­ti­ni per gli inve­sti­men­ti neces­sa­ri. Oltre a gra­vis­si­mi giu­di­zi sul­la persona.

Una pagi­na brut­ta, che l’editore ita­lia­no fareb­be bene a can­cel­la­re (p. 254). Rima­ne solo un chia­ri­men­to neces­sa­rio e dove­ro­so: il sal­va­tag­gio del­la P 101 dal­la ces­sio­ne alla Gene­ral Elec­tric avven­ne per inter­ven­to di Else­ri­no Piol (miti­co top mana­ger dell’Information Tech­no­lo­gy del­la Oli­vet­ti) e di Mario Caglie­ris, non di altri, come ripor­ta­to dall’autrice (p. 216). Così ricor­da quei momen­ti cru­cia­li Else­ri­no Piol in una mail spe­di­ta al sot­to­scrit­to come testi­mo­nian­za da inse­ri­re nel mio libro “Oli­vet­ti. Una sto­ria breve”:

Quan­do ven­ne deci­so il pas­sag­gio del­la Divi­sio­ne Elet­tro­ni­ca alla Gene­ral Elec­tric fu costi­tui­to un grup­po di lavo­ro per la clas­si­fi­ca­zio­ne dei pro­dot­ti in modo da divi­der­li per com­pe­ten­za: i pro­dot­ti clas­si­fi­ca­bi­li come “com­pu­ter” dove­va­no anda­re alla Gene­ral Elec­tric. Else­ri­no Piol e Mario Caglie­ris, rap­pre­sen­tan­ti la Oli­vet­ti nel grup­po di lavo­ro, con­vin­se­ro la con­tro­par­te Gene­ral Elec­tric che la Pro­gram­ma 101 era una mac­chi­na da cal­co­lo quin­di di com­pe­ten­za Oli­vet­ti. I rap­pre­sen­tan­ti del­la Gene­ral Elec­tric non era­no in gra­do di capi­re il poten­zia­le di que­sta mac­chi­na, e l’in­tui­zio­ne di Caglie­ris di defi­nir­la al fem­mi­ni­le con­tri­buì ulte­rior­men­te a con­si­de­ra­re la P 101 una cal­co­la­tri­ce e non un cal­co­la­to­re”. Non mi rima­ne che augu­ra­re a tut­ti una let­tu­ra atten­ta e vigi­le, per non far­si coin­vol­ge­re dal cli­ma sug­ge­sti­va­men­te emo­ti­vo crea­to da que­sta bra­va scrittrice.

arti­co­lo su la sen­ti­nel­la del canavese