Una vita ben spesa

Di Giu­sep­pe De Rinaldis

una vita
Quan­do l’Au­to­re mi pre­gò di leg­ge­re le boz­ze di que­sto volu­me, ero con­vin­to che si trat­tas­se di una  del­le diver­se bio­gra­fie di Adria­no visto sot­to i soli­ti aspet­ti: l’in­du­stria­le for­tu­na­to, l’e­mu­lo del­le tec­ni­che ame­ri­ca­ne, il poli­ti­co mor­to trop­po pre­sto, l’u­to­pi­sta, nel miglio­re dei casi un “pro­fe­ta disar­ma­to” alla Savonarola.

Uno che pre­sen­ti l’in­nal­za­men­to e il crol­lo del “muro” di Ber­li­no, la fine del­la Bale­na Bian­ca, il tra­col­lo del­l’A­me­ri­ca dei gran­di finan­zie­ri… Si, ma sem­pre fuo­ri tem­po mas­si­mo… Peccato!

La via bat­tu­ta dal­l’a­mi­co De Rinal­dis è inve­ce diver­sa, corag­gio­sa­men­te nuo­va… Il seco­lo che l’Au­to­re, arti­sta fan­ta­sio­so com’è, ci fa pal­pi­ta­re fra le nostre mani, si dile­gua ahi­mè, nel­le neb­bie del tempo.

Le stes­se imma­gi­ni con cui l’Au­to­re, com­mos­so, cer­ca di far­ci cre­de­re che ‘I mon­do di Adria­no, gra­zie al sapien­te aggiu­sta­men­to ico­no­gra­fi­co, sia anco­ra quel­lo del­le don­ne di Cos­sa­no che dis­se­ta­no i figli, gli orti, i frut,e_ , gra­zie all’u­ni­co poz­zo esi­sten­te al cen­tro del pae­se, sfu­ma nel rac­con­to romantico…

La stes­sa sto­ria fa da tra­ma alle riu­nio­ni del­le diver­se deci­ne di cen­tri co­munitari, vere “piaz­ze coper­te”… A Care­ma si discu­te del modo di salvare il cele­bre “vino del re” dal fla­gel­lo del­la filos­sè­ra, del­la pero­nospora. Men­tre a Mon­ta­len­ghe l’e­sa­spe­ra­ta fram­men­ta­zio­ne del­le pro­prie­tà ter­rie­re, sof­fo­ca ogni ten­ta­ti­vo di redi­me­re la gen­te del­la ter­ra dal­l’u­ma­na fatica …

In real­tà la sto­ria del­la nostra gen­te che vede un Adria­no pom­pa­re acqua dal lago per irri­ga­re cam­pi, costrui­re stal­le moder­ne per tut­te le muc­che del pae­se, pro­muo­ve­re can­ti­ne socia­li, finan­zia­re deci­ne e deci­ne di coo­pe­ra­ti­ve per tan­ti pro­ble­mi, si risol­ve nel tra­gi­co rac­con­to del­l’an­ti­ca fame del­la nostra terra…

Una sto­ria vis­su­ta a cui l’Au­to­re cer­ca, attra­ver­so le foto, il con­for­to del­la memo­ria… di una vita di gen­te pas­sa­ta, ma non per que­sto meno sog­get­ta alla dia­let­ti­ca del ricor­do, a vol­te del­l’am­ne­sia… ma soprat­tut­to, e qui sta il pec­ca­to del­l’Au­to­re, di trop­po affet­to, del biso­gno di redi­me­re il ricor­do dal­le invo­lon­ta­rie defor­ma­zio­ni, dal biso­gno di far rivi­ve­re, di fer­ma­re ciò che, spie­tato, il tem­po copre con un velo…

For­se sareb­be neces­sa­rio che anche un uomo, più can­di­do del­le sue cani­zie, tale è l’Au­to­re, si ras­se­gnas­se suo mal­gra­do, al fat­to che la sto­ria è sem­pre la rico­stru­zio­ne di un vero, che non può fare a meno del­la memo­ria che, umi­le si accon­ten­ta di rita­gli che con­for­ta­no il suo affet­tuo­so ricor­do, si nutre — come nel caso di Adria­no, per lo più di ricor­di vaghi… sim­bo­li­ci, ama con­for­tar­ci anche con i momen­ti magi­ci, dove la vita vis­su­ta tra­scu­ra la logi­ca del tem­po, si nutre di cose che rie­sce a far pal­pi­ta­re, per­ché voglia­mo che sia­no così.

La sto­ria dei fat­ti, per voler esse­re di tut­ti, fini­sce per impal­li­di­re i pro­ta­go­ni­sti… di esser di nessuno.

Vie­ne quin­di da chie­der­si, come mai a tan­ti anni dal­la mor­te di Adria­no, non si è anco­ra tro­va­ta ter­ra suf­fi­cien­te per can­cel­la­re il suo ricor­do?… Sono deci­ne i libri che si osti­na­no a spie­ga­re chi era quel­l’uo­mo che “cer­ca­va l’a­ni­ma fin nel­le mac­chi­ne” che pre­sen­ti la nasci­ta di un mon­do nuo­vo… E che con­ti­nua ad indur­re deci­ne e deci­ne di gio­va­ni a dedi­car­gli le loro tesi di laurea!

La memo­ria affet­ti­va, quel­la del­l’Au­to­re che, con tre­pi­de mani, con­ser­va la tre­mu­la fiam­ma del ricor­do, è la sola, secon­do chi è vis­su­to per anni accan­to ad Adria­no, capa­ce di con­se­gna­re al doma­ni, una veri­tà che il tem­po non cancellerà.

Vico Aval­le