. Paolo Bricco, giornalista e saggista, ripercorre nella conversazione con Antonio Votino, presidente del Centro Studi sul Management ed il Lavoro, la vita la vicenda industriale, sociale e politica di Olivetti con la presentazione del suo libro “Adriano Olivetti, un italiano del Novecento”. La religione, il tessuto sociale in cui è cresciuto, i legami con i familiari, le passioni, la politica e l’intuizione che l’ha portato a sviluppare il concetto di impresa come ambito di sviluppo della persona, per capire chi era l’uomo ed in contesto culturale dell’Italia tra la fine dell’Ottocento e il boom economico quando l’impresa Olivetti si è sviluppata.
La posizione di Adriano Olivetti nei confronti del fascismo è un tema affascinante e complesso, che ha suscitato e suscita ancora oggi molti dibattiti. Non si tratta di una semplice adesione o opposizione, ma piuttosto di un percorso evolutivo caratterizzato da sfumature e contraddizioni.
Nei primi anni del regime fascista, Olivetti manifestò una certa apertura verso alcune delle idee corporative del regime, sperando in una riforma del sistema economico in senso più giusto e umano. Questa adesione, tuttavia, non fu mai totale e incondizionata. Col passare degli anni, Olivetti prese sempre più le distanze dalle politiche più repressive e autoritarie del regime. Pur continuando a dirigere la sua azienda, si impegnò in una serie di iniziative culturali e sociali che miravano a promuovere un modello di sviluppo più equo e partecipativo. A partire dalla metà degli anni Trenta, Olivetti si avvicinò sempre più all’opposizione antifascista, pur senza mai aderire a partiti politici clandestini. Sostenne economicamente e moralmente numerosi intellettuali e artisti perseguitati dal regime, e si impegnò in una serie di iniziative volte a favorire la diffusione di idee liberali e democratiche. Durante la seconda guerra mondiale, Olivetti fu tra i principali sostenitori della resistenza antifascista. La sua azienda divenne un punto di riferimento per gli oppositori del regime, e fu utilizzata per stampare materiale propagandistico e organizzare attività clandestine.
Inizialmente, Olivetti fu attratto dalle idee corporative del fascismo, sperando in una riforma del sistema economico che potesse coniugare efficienza e giustizia sociale. Come imprenditore, Olivetti era consapevole della necessità di operare in un contesto politico complesso e difficile. Per questo motivo, cercò di mantenere un equilibrio tra la difesa dei propri interessi e l’impegno per una società più giusta. Olivetti era un sognatore e un idealista. Credeva in un modello di società basato sulla cooperazione, sulla partecipazione e sulla valorizzazione dell’individuo. Questo lo portò a cercare di conciliare le sue aspirazioni con le esigenze del contesto storico in cui viveva.
In definitiva:
Adriano Olivetti è stato una figura complessa e controversa, ma indubbiamente di grande rilievo per la storia del nostro Paese. La sua capacità di coniugare l’impegno imprenditoriale con la passione per la giustizia sociale lo rende un esempio ancora oggi attuale.
Il padre Cammillo Invece uscì definitivamente dalla politica attiva, era ormai un industriale di successo, i cui prodotti stavano penetrando sui mercati internazionali. Fece politicamente una scelta forzata, il suo carattere lo vorrebbe antagonista di quel fascismo che nonostante avesse conquistato con il suo leader la Presidenza del Consiglio era dominato dallo squadrismo violento. Prevalse però l’industriale e l’attaccamento alla fabbrica e ai suoi dipendenti, d’altronde non esisteva uno schieramento politico in cui si sentisse rappresentato. Adriano si era laureato e iniziava a lavorare in fabbrica palesando buone qualità, tanto che Camillo pensò che al più presto pure lui dovesse fare il sabbatico viaggio negli Stati Uniti. Nel frattempo sbavava dietro alla Paola Levi che anche secondo Camillo era proprio una bella ragazza anche se un tantino farfalletta per i suoi gusti, prima o poi il convento perderà parte della tribù Olivetti.
Manero