Adriano Olivetti: una visione di armonia politico-sociale

Uma­ni­tà del 2013. Pove­ra, sola e vio­len­ta. La cri­si ha col­pi­to duro, l’egoismo meto­do­lo­gi­co del­le ban­che inca­te­na e il pros­si­mo, fisi­ca­men­te vici­no, trop­po vici­no, diven­ta un mirag­gio o un peri­co­lo che atten­ta a un solip­si­smo pato­lo­gi­co e auti­sti­co. Cosa rima­ne? Trin­ce­rar­si nel bun­ker di un indi­vi­dua­li­smo debo­le, con­se­gnar­si alle logi­che dell’homo oeco­no­mi­cus o tra­scen­de­re la vita su face book, men­tre la poli­ti­ca ha per­so gli anti­chi lega­mi con i sogni e non sa più scor­ge­re la visio­ne di un mon­do miglio­re e pos­si­bi­le? Insom­ma, stia­mo facen­do eva­po­ra­re tut­te le par­ti­cel­le dora­te degli chas­sid; Mar­tin Buber ha pre­di­ca­to inva­no e l’uomo del­la stra­da non ha mai sen­ti­to par­la­re dell’economia del dono o del MAUSS di Pari­gi. Che fare? La vec­chia doman­da mar­xi­sta si ripro­po­ne con la stes­sa cor­ti­na di ango­scia di un seco­lo fa, quan­do l’impotente David di Cro­nin gri­da­va la pro­pria pena alle stel­le, che sta­va­no a guar­da­re. Mai come oggi la civil­tà occi­den­ta­le si tro­va affa­ma­ta di ricet­te e model­li per usci­re dal­la cri­si pro­fon­da che l’etica di un capi­ta­li­smo sfre­na­to e l’uso schi­zo­fre­ni­co del­la tec­ni­ca han­no crea­to. L’era moder­na, che secon­do gli illu­mi­ni­sti avreb­be por­ta­to a una con­di­zio­ne di pro­spe­ri­tà mai vista pri­ma, ha gene­ra­to uomi­ni-mac­chi­na asser­vi­ti al siste­ma, ser­vi che nem­me­no le socie­tà tra­di­zio­na­li avreb­be­ro potu­to crea­re; gli indi­vi­dui sono diven­ta­ti nume­ri o uten­si­li, rico­no­sciu­ti solo per il gra­do di tech­né pos­se­du­ta, e vivo­no nell’illusione di poter sod­di­sfa­re la pro­pria volon­tà di poten­za, per­ce­pi­ta sen­za limi­ti e sostanziale.

Mario Sam­ma­ro­ne 

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