Cento anni di Mario Tchou l’olivettiano che realizzò il primo computer a transistor

 
La ceri­mo­nia è sta­ta pre­sen­ta­ta al museo del­la scien­za e tec­ni­ca di Milano

Dob­bia­mo la nasci­ta del pri­mo com­pu­ter ita­lia­no alle straor­di­na­rie capa­ci­tà di un inge­gne­re che oggi avreb­be com­piu­to 100 anni, Mario Tchou, e alla col­la­bo­ra­zio­ne tra mon­di e cul­tu­re lontane.

Era nato da geni­to­ri cine­si a Roma il 26 giu­gno 1924 e, dopo aver stu­dia­to al liceo clas­si­co Tas­so, diven­ne uno dei pri­mi inge­gne­ri elet­tro­ni­ci al mon­do, facen­do car­rie­ra alla Colum­bia Uni­ver­si­ty di New York. Qui lo andò a cer­ca­re l’imprenditore Adria­no Oli­vet­ti di Ivrea per chie­der­gli di for­ma­re il grup­po di gio­va­ni pro­get­ti­sti che die­de vita alla pri­ma serie di ela­bo­ra­to­ri elet­tro­ni­ci pro­get­ta­ti e costrui­ti in Ita­lia, con il desi­gn ergo­no­mi­co dell’architetto Etto­re Sott­sass. È così che la mate­ma­ti­ca, la fisi­ca, il desi­gn, l’Italia, la Cina e l’America si uni­ro­no per dare vita ad un’industria che non esi­ste­va anco­ra nel nostro Pae­se. Mario Tchou, insie­me a fisi­ci, mate­ma­ti­ci e inge­gne­ri (tut­ti gio­va­nis­si­mi, come ama­va rimar­ca­re) creò un com­pu­ter tra i più avan­za­ti al mon­do, costruen­do e smon­tan­do nel giro di tre anni ben due pro­to­ti­pi, rico­min­cian­do sem­pre da capo e arri­van­do ad usa­re una tec­no­lo­gia allo­ra nuo­va, i tran­si­stor. Pur­trop­po, Tchou morì pre­ma­tu­ra­men­te nel 1961, in un inci­den­te d’auto.
Al Museo è espo­sto uno dei pochi reper­ti di que­sta avven­tu­ra sto­ri­ca: il colo­ra­tis­si­mo tavo­lo di coman­do di un Elea 9003 del 1959. Quel­la che vede­te nell’immagine è infat­ti un’interfaccia utente.
All’epoca i com­pu­ter era­no mol­to diver­si da quel­li di oggi, occu­pa­va­no inte­re stan­ze e non ave­va­no moni­tor, mou­se e un vero e pro­prio siste­ma ope­ra­ti­vo, ma solo con­so­le con tasti e spie colorate.

La pros­si­ma vol­ta che vai al Museo, non per­de­re que­sto ogget­to nel­la  espo­si­zio­ne per­ma­nen­te “Mosai­co Tec­no­lo­gi­co” visi­ta­bi­le in tut­ti i gior­ni di apertura.

 

Nel 2021 ricor­re il 60esimo anni­ver­sa­rio dal­la mor­te di Mario Tchou, l’ingegnere del­la Oli­vet­ti che pro­get­tò Elea 9003, il pri­mo com­pu­ter ita­lia­no, pre­ma­tu­ra­men­te scom­par­so all’età di soli 36 anni.

Nato a Roma il 26 giu­gno 1924, Mario Tchou era figlio di un diplo­ma­ti­co cine­se che lavo­ra­va all’ambasciata del­la Cina impe­ria­le pres­so il Vati­ca­no. Tchou ebbe un’istruzione ita­lia­na pri­ma di spe­cia­liz­zar­si negli Sta­ti Uni­ti. Diplo­ma­to­si al liceo clas­si­co Tor­qua­to Tas­so di Roma, ini­ziò gli stu­di uni­ver­si­ta­ri alla Sapien­za per poi con­ti­nuar­li oltre ocea­no, dove si lau­reò in inge­gne­ria elet­tro­ni­ca a Washing­ton nel 1947.Dopo esser­si spo­sta­to a New York, Tchou con­se­guì un master al Poly­tech­nic Insti­tu­te of Broo­klyn con una tesi sul­la dif­fra­zio­ne ultra­so­ni­ca. Comin­ciò inol­tre a inse­gna­re, pri­ma al Man­hat­tan Col­le­ge e suc­ces­si­va­men­te alla Colum­bia University.

L’in­con­tro con Olivetti

Fu pro­prio a New York che nel 1954 Tchou incon­trò Adria­no Oli­vet­ti. Tchou era sta­to segna­la­to all’imprenditore di Ivrea da Enri­co Fer­mi, che già da qual­che anno sta­va cer­can­do di con­vin­ce­re l’Olivetti a inve­sti­re sull’elet­tro­ni­ca. Tchou pote­va quin­di esse­re la per­so­na giu­sta per rico­pri­re il ruo­lo di diret­to­re per il nuo­vo Labo­ra­to­rio di ricer­che elet­tro­ni­che del­la Oli­vet­ti. L’ingegnere si pre­sen­tò per soste­ne­re il col­lo­quio pres­so la sede ame­ri­ca­na del­la Oli­vet­ti, ma le doman­de che gli fece l’industriale non riguar­da­ro­no la tec­no­lo­gia. Tchou rac­con­tò che duran­te il col­lo­quio, Oli­vet­ti sem­bra­va più inte­res­sa­to a cono­sce­re aspet­ti socia­li e rela­zio­na­li piut­to­sto che quel­li tec­ni­ci. Ciò lo col­pì posi­ti­va­men­te. Così Tchou deci­se di accet­ta­re l’offerta di lavo­ro e di far rien­tro in Ita­lia, anche per ragio­ni familiari.

Il labo­ra­to­rio fu aper­to a Bar­ba­ri­ci­na, un sob­bor­go di Pisa, poi­ché l’Olivetti in que­gli anni ave­va instau­ra­to una col­la­bo­ra­zio­ne con l’università tosca­na per la costru­zio­ne di un nuo­vo cal­co­la­to­re scien­ti­fi­co deno­mi­na­to Cal­co­la­tri­ce elet­tro­ni­ca pisa­na (Cep). Il labo­ra­to­rio però ave­va un suo pro­get­to spe­ci­fi­co, ovve­ro la pro­get­ta­zio­ne del­la pri­ma cal­co­la­tri­ce com­mer­cia­le, l’Elea (Ela­bo­ra­to­re elet­tro­ni­co arit­me­ti­co). L’acronimo si ispi­ra­va all’an­ti­ca cit­tà del­la agna Gre­cia sede di scuo­le di filo­so­fia, scien­za e matematica.

Il pri­mo pro­to­ti­po dell’Elea

Nel 1957 il grup­po rea­liz­zò il pri­mo pro­to­ti­po del nuo­vo ela­bo­ra­to­re, l’Elea 9001 (o “Mac­chi­na Zero”), che era a val­vo­le e quin­di di gran­di dimen­sio­ni. L’anno suc­ces­si­vo seguì l’Elea 9002 (o “Mac­chi­na 1V”), più velo­ce del­la ver­sio­ne pre­ce­den­te e con­si­de­ra­ta il pro­to­ti­po di una mac­chi­na com­mer­cia­le. Tchou, tut­ta­via, ne sospe­se il lan­cio sul mer­ca­to poi­ché intuì che gra­zie all’emergente tec­no­lo­gia dei tran­si­stor sareb­be sta­to pos­si­bi­le costrui­re una mac­chi­na sen­za val­vo­le, più velo­ce e meno costosa.

Il labo­ra­to­rio da Bar­ba­ri­ci­na fu poi spo­sta­to a Bor­go­lom­bar­do, in pro­vin­cia di Mila­no, dove dopo poco tem­po il team gui­da­to da Tchou riu­scì a por­ta­re a com­pi­men­to il pro­get­to. A novem­bre del 1959 Adria­no Oli­vet­ti pre­sen­tò al pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca Gio­van­ni Gron­chi l’Elea 9003, il pri­mo com­pu­ter ita­lia­no total­men­te a tran­si­stor. Chia­ma­to anche “Mac­chi­na 1T”, era un pro­dot­to d’avanguardia per l’epoca, arri­va­to alcu­ni mesi in anti­ci­po rispet­to al pri­mo com­pu­ter a tran­si­stor dell’Ibm, allo­ra lea­der nell’elettronica.

 

Ad occu­par­si del desi­gn era sta­to Etto­re Sott­sass, che ave­va mes­so al cen­tro l’uo­mo e non la mac­chi­na, rea­liz­zan­do una con­so­le dal­la for­ma ergo­no­mi­ca e coi coman­di facil­men­te alla por­ta­ta dell’operatore. Gra­zie all’Elea 9003, nel 1959 Sott­sass si aggiu­di­cò il Com­pas­so d’oro. Nel­lo stes­so anno l’Elea 9003 ven­ne pre­sen­ta­ta alla Fie­ra cam­pio­na­ria di Mila­no e l’anno suc­ces­si­vo ven­ne con­se­gna­ta al pri­mo clien­te, la Mar­zot­to di Gua­da­gno. In tota­le, furo­no ven­du­ti cir­ca 40 esem­pla­ri a gran­di azien­de, ban­che e enti pubblici.

Lo svi­lup­po di Elea non si fer­mò lì. Nel 1960 fu rea­liz­za­ta l’Elea 6001, un cal­co­la­to­re di minor costo e dimen­sio­ni orien­ta­to ad appli­ca­zio­ni di carat­te­re scien­ti­fi­co e rivol­to quin­di per un’u­ten­za media come isti­tu­ti uni­ver­si­ta­ri, enti pub­bli­ci e media indu­stria. Ebbe un for­te suc­ces­so, ven­den­do cir­ca 100 esemplari.

L’e­re­di­tà di Tchou

Tra il 1960 e il 1961 però la scom­par­sa pri­ma di Adria­no Oli­vet­ti, mor­to improv­vi­sa­men­te il 27 feb­bra­io 1960, e poi quel­la di Mario Tchou in un tra­gi­co inci­den­te stra­da­le il 9 novem­bre 1961, inci­se­ro sul­le sor­ti dell’azienda nel cam­po dell’elettronica. Pri­ma di mori­re, Tchou sta­va lavo­ran­do a un nuo­vo cal­co­la­to­re, per il qua­le ave­va affi­da­to al mate­ma­ti­co Mau­ro Pacel­li il com­pi­to di svi­lup­pa­re una nuo­va archi­tet­tu­ra e un nuo­vo linguaggio.