Adriano Olivetti in Russia nel 1931
Di Giuseppe Silmo
Della visita che Adriano Olivetti fece in Russia, sconosciuta ai più, parla solo Valerio Occhetto in Adriano Olivetti. La biografia [1]. Ne abbiamo, inoltre, un breve accenno in una intervista inedita, recentemente pubblicata [2]. Non se ne parla invece nella corposa biografia Adriano Olivetti un italiano del Novecento, di Paolo Bricco [3].
I documenti originali, a cui fare riferimento, sono conservati dall’Archivio Storico Olivetti e sono due:
- Il primo è una relazione sulle fabbriche visitate a Mosca e a Leningrado nell’estate 1931 [4], redatta da Adriano Olivetti su incarico della Confederazione Generale Fascista degli Industriali, che è in visita in URSS con una folta delegazione per incrementare gli scambi industriali [5].
- Il secondo è una lettera inedita di Adriano Olivetti medesimo a Luigi Einaudi[6], il futuro Presidente della Repubblica, durante l’esilio di entrambi in Svizzera, del 3 novembre 1944, in cui, a un certo punto, lo scrivente fa riferimento al suo viaggio, anche se l’argomento principale della lettera concerne il futuro dell’organizzazione statuale in Italia, su cui Adriano Olivetti sta lavorando confrontandosi con vari politici e intellettuali, a una sistematica riflessione che porta alla sua opera più compiuta L’Ordine politico delle comunità [7].
Nel primo documento, Adriano, lo si incontra in quella dimensione assai poco nota di uomo di fabbrica. Lui, la fabbrica, anzi l’officina, la conosce fin da quando da ragazzino, a 13 anni, il padre Camillo, ve lo fa lavorare. É l’agosto del 1914 e Adriano rimane così negativamente impressionato dalle pesanti condizioni di lavoro, che per anni eviterà di tornarci. Proprio quell’esperienza, d’altronde, lo guiderà in seguito nel cercare di migliorare le condizioni di lavoro degli operai.
La persona che la storiografia ci fa conoscere come Adriano Olivetti, quindi, è ben diversa da quella dei tempi del viaggio in Russia, periodo in cui Adriano sta appena iniziando il suo cammino: siamo nel 1931, la sua esperienza in fabbrica era iniziata come operaio nel 1924. D’accordo con il padre, nel 1925 era partito per gli Stati Uniti, per studiare i metodi organizzativi delle grandi industrie d’oltreoceano. Il viaggio era stato preparato con grande attenzione e accuratamente pianificato, con una fase iniziale e finale di ricerca presso determinate biblioteche e con il nucleo centrale relativo alla visita delle fabbriche, ben 105.[8] L’esperienza fatta in quei quasi sei mesi circa, dal 2 agosto 1925, al 16 gennaio 1926, tra le fabbriche del Nord-Est degli Stati Uniti, fu cruciale per il futuro dell’azienda canavesana, in particolare per la grandissima dimestichezza che Adriano acquisì con i metodi d’organizzazione del lavoro in serie. Di quel viaggio Adriano scrisse molti anni più tardi: «Imparai la tecnica dell’organizzazione industriale, seppi capire che per trasferirla nel mio paese doveva essere adattata e trasformata»[9].
Tornato in Italia, iniziò la sua azione per trasformare l’azienda da artigianale a industriale e, In questo progetto di riorganizzazione e trasformazione, si fece aiutare da alcuni giovani ingegneri della sua generazione[10]. La produttività venne quasi raddoppiata grazie all’introduzione dell’organizzazione scientifica del lavoro d’officina. Un tale balzo fu tra l’altro ottenuto senza che il particolare clima di collaborazione che da sempre regnava in azienda andasse perduto e questo fatto è senz’altro la riprova del grande valore che veniva dato al fattore umano[11].
Adriano diventa un esperto di organizzazione industriale attento al rapporto tra lavoro manuale, tecnica e umanizzazione del lavoro, competenza che lo porta, alla fine del 1932, un anno dopo il viaggio in Russia, a ricoprire la carica di Direttore Generale dell’azienda paterna. Tuttavia, non è ancora l’uomo del miracolo architettonico, che, nel 1934, con l’arrivo di Luigi Figini e Gino Pollini, gli «architetti di Adriano», trasforma gradualmente Ivrea negli anni in una «Bauhaus rediviva»[12], così come solo in questo stesso anno, nel 1934, avviene l’avvicinamento al personalismo comunitario francese capeggiato da Emmanuel Mounier e fondato filosoficamente sui testi di Jacques Maritain, che Adriano aveva conosciuto attraverso la rivista «Esprit», di cui sono conservati i numeri dal 1934 in poi nella sua biblioteca di Villa Belliboschi a Ivrea[13]. L’ideologia comunitaria di Adriano è a quel punto in via di formazione e lo porta nel 1944–45 alla stesura del suo testo L’ordine politico delle comunità. Il testo è la base di tutta la sua azione culturale, sociale, meta-politica e poi decisamente politica, ed è la fonte programmatica e ideologica del Movimento Comunità che fonda nel 1947 e da cui nascono i Centri Comunitarie fino al 1955 e oltre, con la fondazione e lo sviluppo dell’I‑RUR ‚“il picco più elevato della pianificazione territoriale comunitaria”[14].
Nel 1931, invece, ai tempi del viaggio in Russia, il giovane Adriano non è neppure ancora l’editore ideologicamente impegnato della casa editrice NEI, Nuove Edizioni Ivrea, nata nel 1941 e poi sostituita nel 1946 dalle Edizioni di Comunità, che pubblica titoli di Architettura, Urbanistica, Economia, Sociologia, Scienze Politiche, Religione, Filosofia, e Psicologia, assolute novità per il pubblico italiano, tra cui, nel 1949, la sua fonte di ispirazione: Rivoluzione personale e comunitaria di Emmanuel Mounier e le opere di un’altra sua grande fonte di ispirazione, Simone Weil, nel 1951, L’ombra e la grazia e nel 1952, La condizione operaia.
Nel 1931, pur essendo stato inviato in Russia dalla Confederazione Generale Fascista degli Industriali, non è ancora neppure iscritto al partito fascista. Lo è solo dal 1 luglio 1933, cioè dall’ultimo giorno prima che vengano eliminati dai sindacati degli imprenditori coloro che non sono iscritti al partito[15]. Ciò nonostante, proprio a lui viene richiesta una relazione così importante destinata al governo italiano, che riporta ciò che la delegazione fascista ha visto e constatato sulla situazione industriale e produttiva in Unione Sovietica e sulle sue prospettive per l’esportazione e l’importazione.
Nella relazione, su quattro pagine molto ben strutturate, Adriano dimostra tutta la competenza tecnica e organizzativa dell’industriale abituato a entrare nel concreto dei problemi della produzione. Il lavoro che ne scaturisce non è solo una descrizione di quanto visto, ma un giudizio complessivo sui futuri sviluppi dell’industria sovietica, con particolare riferimento al Piano Quinquennale, strumento di pianificazione dell’economia sovietica; il quadro che ne emerge ha una sua valenza storica, che va al di là chi l’ho ha redatto.
Il documento inizia con le «Osservazioni Industriali», come lui le definisce, suddividendo innanzi tutto gli impianti sovietici visitati in tre categorie:
- Impianti esistenti prima della rivoluzione.
- Impianti esistenti modernizzati o ampliati o trasformati.
- Impianti esistenti completamente nuovi.
Con riferimento agli impianti esistenti prima della rivoluzione, annota che in generale funzionano con una certa efficienza, ma vi è quasi costantemente un basso livello di qualità e lo stato dei macchinari, degli attrezzi e dei metodi di produzione è alquanto arretrato. Il rendimento del lavoro è, a seconda dei casi, «variabilissimo». Di queste fabbriche riporta tre esempi caratteristici:
- Una fabbrica di telefoni a Leningrado con un’alta efficienza produttiva e un’organizzazione del lavoro razionale. Lo stato del macchinario e degli attrezzi è tuttavia arretrato. Il modello del prodotto è arretrato e di qualità «ignota».
- Una fabbrica di torni e motori diesel a Mosca con un’efficienza mediocre. L’organizzazione è del tipo medio e comune a tutte le fabbriche d’anteguerra. La qualità del prodotto appare mediocre, tuttavia, annota Adriano, vi è la tendenza a modernizzare i disegni del prodotto.
- Una fabbrica di macchine per cucire a «Podolak» (scrive Adriano, la traslitterazione corretta dal russo è Podol’sk), nella regione di Mosca, viene definito di bassa efficienza produttiva. Adriano annota: «La direzione comunista appariva assolutamente incompetente e poco intelligente».
La relazione, passa poi a esaminare gli impianti nuovi, la cui maggioranza è ancora in costruzione e per i per i quali si stanno spendendo cifre «fantastiche». Di queste fabbriche due sono già funzionanti: la fabbrica di trattori di Leningrado, Putiloff, e quella di Stalingrado, non visitata, ma diventata famosa durante l’assedio della città, durante la Seconda Guerra Mondiale, per aver continuato fino all’ultimo a produrre carri armati[16]. In merito all’efficienza e allo stato organizzativo, al momento della visita della Confederazione Industriale Fascista, Adriano dà giudizi piuttosto pesanti, a fronte di un’elencazione di fattori negativi e conclude così: «Per il complesso di ragioni su indicate le due fabbriche lavorano con un rendimento calcolabile fra il 10% e il 20% del previsto». Inoltre, formula anche un giudizio negativo in merito a investimenti in progetti secondari che potrebbero essere rimandati in modo da completare le opere già iniziate. Tuttavia, conclude Adriano: «Il quadro dello stato attuale della tecnica industriale in U.R.S.S., come sopra descritto, non deve deviare il giudizio sopra quello che potrà essere l’industria sovietica nel corso dei prossimi anni», perché aggiunge vi sono molteplici: «fattori che tendono già più o meno rapidamente a modificare in senso positivo lo stato attuale».
In Svizzera, 13 anni dopo nel 1944, nella lettera a Einaudi, riprendendo l’argomento, ne dà una sintesi perfetta: «Scrissi allora che l’efficienza delle industrie sovietiche era in quel tempo a un livello estremamente basso … ma che tuttavia non dovessero trarsi conclusioni affrettate sul futuro, come molti allora usavano fare. Previdi che l’U.R.S.S. sarebbe stata nei suoi successivi sette anni, industrialmente, a livello delle grandi nazioni europee, e ne diedi, come spiegazione della mia certezza, la constatazione che i piani erano teoricamente esatti. Perciò gli errori vi erano riparabili». Le ultime frasi sono riferite al primo Piano Quinquennale appena concluso nella cui efficienza e utilità Adriano, in quegli anni, sembra credere.
Il giudizio, anche se azzeccato sul piano quantitativo, pecca, come la storia ci ha insegnato, di ottimismo. In realtà, da un punto di vista di efficienza, di innovazione e qualitativo, il sistema industriale dell’U.R.S.S., nel suo complesso, non ha mai raggiunto quello occidentale. Lo dimostra anche la storia industriale e commerciale della Olivetti con l’U.R.S.S. durata fino alla sua caduta e oltre, di cui la visita di Adriano è stata solo il primo puntino. Con l’era di Krusciov nella seconda metà degli anni ’60, la Olivetti e l’ Unione Sovietica avviano trattative per progetti industriali[17], ripresi nel corso degli anni e approdati molti anni più tardi nello stabilimento di Leningrado, con macchine operative a controllo numerico per la produzione di diverse tipologie di prodotti meccanici e informatici (1988–1992)[18], nonché le forniture di macchine per la produzione industriale, come, nel 1962, una grande macchina utensile di 65 metri di lunghezza per la produzione dei monoblocchi dei motori dei trattori e più tardi di macchine utensile a controllo numerico estremamente sofisticate. Non sono da meno le vendite di prodotti per ufficio e di prodotti informatici tra cui i minicomputer.
Concluse le «Osservazioni Industriali», la relazione passa al punto, che è il vero obiettivo della visita: «L’industria russa come esportatrice». Riallacciandosi a quanto già discusso precedentemente, scrive: «qualora l’industria sovietica raggiungesse un equilibrio produttivo rispetto alla efficienza e alla qualità ciò non avverrebbe che entro un periodo…di 3 e 8 anni…. Lo stato della tecnica…il tipo di prodotto saranno… in arretrato rispetto alle migliori industrie capitalistiche di un tempo variabile tra i 5 e i 10 anni. Scarso quindi il pericolo di concorrenza qualitativa». Tuttavia, ipotizza la possibilità che questo possa avvenire sui mercati asiatici, a fronte di accordi politici.
L’ultima riflessione è molto interessante dal punto di vista politico e dimostra che Adriano ha compreso appieno il processo economico e politico in corso di attuazione in Unione Sovietica, scrive: «D’altra parte la capacità di assorbimento del mercato derivante dalla necessità di assicurare alla popolazione un più alto tenore di vita attraverso la distribuzione dei prodotti industriali del piano quinquennale limiteranno le possibilità quantitative di esportazione di prodotti industriali».
Conclude con un accenno alle importazioni di prodotti finiti: «attualmente limitati alle macchine e agli impianti necessari alla realizzazione del piano quinquennale». Conclusione assolutamente illuminante non solo sull’industria, ma sulle finalità stesse della politica sovietica.
Credo di poter terminare l’esposizione di questo episodio della vita professionale di Adriano, ignoto ai più e per altro straordinario, che ci rivela aspetti di Adriano in qualità di conoscitore dei processi di pianificazione industriale e di esperto analista tecnico, con le stesse parole che ho usato per la mia ultima pubblicazione: «Adriano Olivetti o lo si vede nella sua totalità oppure non lo si comprende…. del tutto!»[19].
[1] V. OCCHETTO, Adriano Olivetti. La biografia, Roma/Ivrea 2013, p. 68.
[2] A. OLIVETTI, il Dente del Gigante. Nelle fabbriche, come nella vita, esiste un fattore provvidenziale, Città di Castello 2020, p.59.
[3] P. BRICCO, Adriano Olivetti un italiano del Novecento, Milano 2022.
[4] AASO, Fondo Adriano Olivetti, / Scritti editi e inediti di Adriano Olivetti. Fascicolo 634. Scritto 634 – Osservazioni industriali.
[5] OCCHETTO. Adriano Olivetti cit., p. 68.
[6] AASO, Carteggio Luigi Einaudi, Fondo Adriano Olivetti / 22.3 Corrispondenza 1912–1964 / 22.3.1 Carteggi.
[7] A. OLIVETTI, L’Ordine politico delle comunità, Roma/IVREA 2014.
[8] V. OCHETTO, Adriano Olivetti. La biografia, op. cit., pp. 49, 53.
[9] A. OLIVETTI, Appunti per la storia di una fabbrica, in AA. VV., Olivetti 1908–1958, op. cit., p. 10.
[10] V. OCHETTO, Adriano Olivetti. La biografia, op. cit., pp. 53, 55.
[11] D. GARINO, L’Olivetti e l’Olivettismo (1908–1960), op. cit., p. 140.
[12] E: RENZI, Comunità concreta, le opere e il pensiero di Adriano Olivetti, Napoli 2008, p. 19.
[13] Biblioteca vista personalmente dall’autore alcuni anni fa.
[14] G. IGLIERI, Storia del Movimento Comunità, Roma 2019, p. 152.
[15] M. MAFFIOLETTI, L’impresa ideale fra fabbrica e comunità. Una biografia intellettuale di Adriano Olivetti, Roma, 2016, pp.177,188.
[16] V. GROSSMAN, Stalingrado, Milano 2022, p. 394.
[17] AASO, Trattative URSS/Fondo Presidenza/Documentazione/Fascicolo 76.
[18] AASO, Fondo Società Olivetti – Documentazione / Tecnologie di Produzione / OPI – Olivetti Prodotti Industriali. Stabilimento di Leningrado / Stabilimento di Leningrado. Documentazione. Fascicolo 2.
[19] G. SILMO, Adriano Olivetti e il Territorio. Dai Centri Comunitari all’I‑RUR, Busalla, 2022, p. 198.