Lo chiamavano Kaiser Franz. Per gli studi in Germania, ma soprattutto per il piglio di manager duro e decisionista: capace di risanare aziende e moltiplicare i profitti, ma anche di tagliare migliaia di dipendenti. Però era anche una persona colta, con una formazione filosofica, amante dei libri. Un “manager filosofo”, che scriveva libri di storia e ragionava sulle ragioni profonde del suo lavoro.
Franco Tatò si è spento a 90 anni, per un ictus che lo ha colpito prima di un intervento endocardico. Era ricoverato a San Giovanni Rotondo, alla Casa Sollievo della Sofferenza fondata da Padre Pio. Ad assisterlo c’erano la moglie Sonia Raule, attrice e presentatrice televisiva, e la figlia Carolina.
Nato a Lodi nel 1932, da una famiglia originaria di Barletta. Laureato in Filosofia a Pavia con una tesi sul sociologo Max Weber, si era perfezionato in Germania (grazie a una borsa di studio) e poi ad Harvard negli Stati Uniti, pagandosi gli studi lavorando nelle mense. Nel ’56 viene assunto all’Olivetti. Per i primi 6 mesi fa l’operaio, poi comincia la sua scalata nel gruppo.
Il suo primo lavoro lo trovò in Olivetti sulle linee di montaggio in via Jervis ad Ivrea, ben presto si avviò ad una rapida carriera già al tempo di Adriano Olivetti. La sua scalata continuò anche dopo la crisi successiva al 1964. Fu chiamato a risanare alcune filiali estere negli anni settanta, quando oramai nell’azienda di Ivrea il pensiero adrianeo era solo un ricordo, Usò metodi che nulla avevano a che fare l’idea di Camillo Olivetti quando aveva raccomandato al figlio Adriano, nel passagli la direzione dell’azienda: “Ricordati che puoi fare tutto per il bene dell’azienda fuorché licenziare i lavoratori”
Guida le controllate in Austria, Regno Unito, Germania. Negli anni Ottanta torna in Italia e risana la Triumph Adler appena comprata. Dall’84 all’86 va alla Mondadori, chiamato da Carlo De Benedetti, e ne diventa amministratore delegato. Poi torna in Olivetti a guidare Olivetti Office. Lascia il gruppo nel 1990 per divergenze con la dirigenza. Nel 1991passa in Mondadori come amministratore delegato, nel ’93 prende lo stesso incarico in Fininvest. Qui attua un drastico risanamento dei conti usando proprio i licenziamenti delle maestranze. Un metodo che fu adottato da molte aziende e che continua ancora oggi.
In una intervista del 2012 pubblicata su “confronti” a proposito della sua Olivetti ebbe a dire: “La Olivetti è stato un esempio di industria tecnologicamente e socialmente avanzata nell’Italia del dopoguerra. […] Ben poche imprese seguirono il suo esempio, anzi fu ampiamente criticata dall’establishment confindustriale. All’Olivetti si sono formati molti manager di valore ed esperienza internazionale. Alla fine degli anni settanta e durante gli ottanta, superata una prima crisi, che possiamo definire l’eredità di Adriano non gestita, si dovette confrontare con l’ingresso dell’elettronica nel mercato delle macchine per ufficio e in seguito con lo stravolgimento organizzativo delle imprese generato dallo sviluppo e dall’affermazione travolgente dei personal computer. Soprattutto durante la gestione di Carlo Debenedetti, l’azienda sbagliò tutte le scelte tecnologiche e non seppe sfruttare la grande potenzialità dell’organizzazione commerciale e dei giovani tecnici di cui disponeva. […] ciò che ha distrutto una delle più importanti aziende italiane è stata una gestione cieca e una strategia di prodotto sbagliata su più anni. Non posso tacere di essere stato all’opposizione e infatti sono stato licenziato quando l’Olivetti Office, il settore di cui ero responsabile, chiudeva i conti in profitto come tutte le società Olivetti delle quali mi sono occupato in prima persona. Per l’Olivetti, come per ogni altra azienda, vale la prova finestra: mettiamo in fila i conti e i nomi dei responsabili, il resto sono chiacchiere. Un grande dolore per noi che nell’azienda abbiamo creduto fino all’ultimo e una grande perdita per l’Italia”».
Una riflessione condivisa dalla maggior parte di coloro che nella Olivetti hanno trascorso la loro vita lavorativa.
Durante la pandemia si è collegato in webinar con il museo Olivetti di Caserta insieme agli studenti del liceo Manzoni, incitando i giovani a credere nel loro futuro portando ad esempio i suoi trascorsi lavorativi.