La Apple poteva essere l’evoluzione tricolore della mitica Olivetti, se Carlo De Benedetti avesse avuto la lungimiranza di Camillo ed Adriano Olivetti. Alla fine degli anni settanta quando il finanziere fu estromesso dalla Fiat e con i miliardi buonuscita entrò nella multinazionale eporediese ebbe incontri che avrebbero potuto evitare l’uscita dalla scena iterazione del marchio Olivetti.
“È vero, ho conosciuto Steve Jobs e Wozniak, smanettavano su delle piastre elettroniche. – ha affermato l’ingegnere in molte occasioni — È stato proprio Wozniak, e non Steve Jobs, a farmi la proposta: mi chiedeva 200.000 dollari per finanziarli, in cambio del 20% della Apple. Io allora con la Olivetti ero in bancarotta. Però è vero: è stato l’errore più grande della mia vita”.
Uno sbaglio che certamente non commise Camillo Olivetti agli inizi del 1900 quando di ritorno dagli Stati Uniti d’ America dopo aver visitato la fabbrica di macchine da scrivere Underwood decise di alienare nel 1903, la piccola azienda di strumenti elettrici la C.G.S. (Centimetro, Grammo, Secondo) per la prima fabbrica di macchine da scrivere italiana.
Non da meno il figlio Adriano che nonostante le difficoltà finanziarie intraprese la strada dell’elettronica e degli elaboratori avvalendosi della Università di Pisa e dando vita, nella metà degli anni 50, all’Elea acronimo di ELaboratore Elettronico Aritmetico, e successivamente all’’Elea 9003 che sfidavano il primo dei colossi americani degli americani nel settore.
Ma la filosofia olivettiana ed il modo di concepire la società e lo status dei suoi dipendenti era ancor più rivoluzionaria degli aspetti tecnici e ingegneristici e questo lo si vedeva nei prodotti e nel loro design, ma anche nella letteratura, nell’arte, nella sociologia e nella politica.
Tra la fine degli anni ’40 e la fine degli ’50 Adriano Olivetti realizza prodotti destinati a diventare veri oggetti di culto per la bellezza del design, ma anche per la qualità tecnologica e l’eccellenza funzionale: tra la macchina per scrivere; Lexikon 80 (1948), la macchina per scrivere portatile Lettera 22 (1950), la calcolatrice Divisumma 24 (1956). La Lettera 22 nel 1959 che verrà indicata da una giuria di designer a livello internazionale come il primo tra i cento migliori prodotti degli ultimi cento anni. Uno stile destinato rimanere ma che deve fare i conti con la globalizzazione e l’avvento dell’industria 3.0
La Olivetti rimane ancora oggi punto di riferimento e modello di vita. Dal progetto della Martella di Matera dal punto di Vista urbanistico, agli amici pittori come Guttusto che realizzò per il negozio Olivetti di via del Tritonea Roma il quadro “Boogie-Woogie.” alle edizioni Comunità che portarono in Italia autori con Simon Weil ‚gli scritti dell’urbanista Lewis Mumford, o i trattati Hannah Arent, tutto ha il profumo della storia adrianea.
L’ombra dello stile Olivetti e l’innovazione aleggia ancora oggi per le strade di Ivrea, la cultura e la filosofia impregna la comunità e non solo quella del settentrione, ma anche del meridione la dove la Olivetti ha prosperato ed è esistita. Non a caso a Caserta è nato un museo che per quanto piccolo si ispira alla Olivetti e Matera è diventata capitale della cultura Europea 2019 grazie alla Olivetti.
La piattaforma Arduino, un hardware composto da schede elettroniche dotate di un microcontrollore, è stata ideata e sviluppata da alcuni membri dell’Interaction Design Institute di Ivrea che è situato nel palazzo uffici a Castellamonte della ex Olivetti come strumento per la prototipazione rapida e per scopi hobbistici, didattici e professionali.
Fu elaborata e messa appunto da team composto da docenti e studenti (Massimo Banzi, David Cuartielles, Tom Igoe, Gianluca Martino e David Mellis) in un bar situato in via Arduino ad Ivrea ed oggi è diffuso in tutto il mondo per il piacere di sperimentatori artisti e progettisti.
Manero