Nerio Nesi contro il gruppo di intervento per salvare la Olivetti

  • Adria­no alla fine anni 50 lo nomi­na diret­to­re dei ser­vi­zi finan­zia­ri Oli­vet­ti — Si oppo­se stre­nua­men­te alla ven­di­ta alla Gene­ral Elec­tric del­la Divi­sio­ne Elet­tro­ni­ca del­l’O­li­vet­ti, per­che’ la con­si­de­ra uno stru­men­to stra­te­gi­co per la poli­ti­ca indu­stria­le italiana.
LA FINE DELLOLIVETTI FU DECISA IN AMERICALA TEORIA DI NERIO NESI (EX PRESIDENTE BNL): IL GOVERNO MORO NON FECE NULLA PER SALVARE L’AZIENDA CHE VOLEVA RICONVERTIRSI VERSO L’ELETTRONICA PER NON INIMICARSI LE AZIENDE USADOPO LA MORTE DI ADRIANO, VISENTINI SI OPPOSE ALLE INNOVAZIONI DEL FIGLIO ROBERTO
Secon­do Nesi, fu l’ azio­ne, o meglio l’ ina­zio­ne, del­la poli­ti­ca nel­la fase più deli­ca­ta, il perio­do di pas­sag­gio segui­to alla mor­te di Adria­no Oli­vet­ti, in cui la gui­da dell’ azien­da fu assun­ta dal cosid­det­to Grup­po di inter­ven­to com­po­sto da Fiat, Pirel­li, IMI, Cen­tra­le, Medio­ban­ca, a indi­ret­ta super­vi­sio­ne sta­ta­le. In quel­la tran­si­zio­ne, nono­stan­te a pre­sie­de­re il grup­po fos­se sta­to man­da­to Bru­no Visen­ti­ni, vice­pre­si­den­te del­la più impor­tan­te hol­ding del­lo Sta­to ita­lia­no, l’ IRI, il gover­no di allo­ra — l’ ese­cu­ti­vo Moro, il pri­mo di cen­tro­si­ni­stra nel­la sto­ria repub­bli­ca­na — non for­nì all’ azien­da alcun aiuto.
Non solo: lo stes­so Visen­ti­ni si oppo­se stre­nua­men­te a tut­ti i pia­ni di inno­va­zio­ne pro­mos­si dal figlio di Adria­no, Rober­to, allo­ra vice­pre­si­den­te del­la Oli­vet­ti, che inten­de­va in modo lun­gi­mi­ran­te spo­sta­re il core busi­ness del­l’a­zien­da dal­la mec­ca­ni­ca all’e­let­tro­ni­ca, apren­do­la alle nuo­ve tec­no­lo­gie infor­ma­ti­che. Né Aldo Moro uomo di pun­ta del­le Dc e del com­pro­mes­so sto­ri­co, né, tan­to meno, l’al­lo­ra mini­stro del Teso­ro Emi­lio Colom­bo sep­pe­ro inver­ti­re la rot­ta, for­se con­di­zio­na­ti da pres­sio­ni degli Sta­ti Uni­ti che vede­va­no in una Oli­vet­ti for­te una minac­cia alla com­pe­ti­ti­vi­tà del­le pro­prie impre­se. Esi­to estre­mo di una dif­fi­den­za, se non osti­li­tà, del­la poli­ti­ca ita­lia­na nei con­fron­ti del grup­po di Ivrea, matu­ra­ta già ai tem­pi in cui era in vita Adria­no che, da impo­li­ti­co qual era, si sen­tì sem­pre un estra­neo in Par­la­men­to (al pun­to che pre­fe­ri­va entrar­ci dal­la por­ta di ser­vi­zio anzi­ché dal­l’in­gres­so di piaz­za Mon­te­ci­to­rio), e con­fer­ma­ta alla mor­te di quel­lo, allor­ché al fune­ra­le non par­te­ci­pò alcun espo­nen­te del­l’e­se­cu­ti­vo, fat­ta ecce­zio­ne per un oscu­ro sot­to­se­gre­ta­rio. (Trat­to da un arti­co­lo di Gian­lu­ca Veneziani)