Olivetti Addio

 
Di Giu­sep­pe Silmo
Oli­vet­ti Addio è il tito­lo di un libret­to scrit­to da Mario Caglie­ris, nell’ottobre 1991, in segui­to ad un sogno, fat­to in quel mese, sul defi­ni­vo sfal­da­men­to dell’Azienda.
Sor­te che, peral­tro, non ave­va man­ca­to di dichia­ra­re al momen­to del­le sue dimis­sio­ni, il 30 apri­le 1991, con le seguen­ti paro­le “se con­ti­nua­te così fra cin­que anni non ci sie­te più”.[1] E arri­vò il 1996!
Il rac­con­to del sogno pre­mo­ni­to­re, che è appun­to il sot­to­ti­to­lo del testo, ini­zia pro­fe­ti­ca­men­te con que­ste paro­le: “Accad­de una mat­ti­na del mese di set­tem­bre del millenovecentonovantasei.”
Nel­la imma­gi­ni­fi­ca tra­spo­si­zio­ne oni­ri­ca gli edi­fi­ci Oli­vet­ti di Ivrea sono sta­ti tra­sfor­ma­ti in ospe­da­li psi­chia­tri­ci. Mario Caglie­ris è rico­ve­ra­to nell’ex Palaz­zo Uffi­ci, dove ven­go­no cura­te le for­me meno gra­vi. La sua stan­za coin­ci­de con il suo vec­chio uffi­cio al secon­do pia­no, dove però i cal­di mobi­li oli­vet­tia­ni Syn­the­sis sono sta­ti rimos­si, per un bian­co let­to e fred­di mobi­li bian­chi, come le pare­ti. Tut­to Palaz­zo Uffi­ci è un’esplosine di bian­co, mobi­li, pare­ti, per­si­no gli ascen­so­ri, colo­re che dovreb­be cal­ma­re le ansie osses­si­ve dei ricoverati.
Caglie­ris, nel rac­con­to del sogno, dice di sen­tir­si “impaz­zi­to per quel­lo che è suc­ces­so e per il dub­bio di non aver fat­to tut­to ciò che pote­va e dove­va fare”.
Nell’edificio accan­to, l’ex Palaz­zo Uffi­ci 2, son rico­ve­ra­ti i mat­ti peri­co­lo­si e i criminali.
Tut­to il rac­con­to si svol­ge sul filo di un’intervista che il Diret­to­re Sani­ta­rio, che occu­pa al sesto pia­no l’ufficio che era sta­to di Car­lo De Bene­det­ti, gli chie­de di rila­scia­re a un gior­na­li­sta, come par­te del­la cura.
Il rac­con­to non è la sto­ria, ma una paro­dia oni­ri­ca di quel­lo che è sta­to il dis­sol­vi­men­to, nel­la paz­zia col­let­ti­va, di un’Azienda, in cui Caglie­ris si toglie qual­che sas­so­li­no, i vari rife­ri­men­ti ai per­so­nag­gi sono iro­ni­ca­men­te ripor­ta­ti a secon­do dell’immaginario con cui sono sta­ti per­ce­pi­ti, non solo da lui, ma dal sen­ti­re collettivo.
Caglie­ris non scri­ve que­sto testo per il gran­de pub­bli­co, ma per i suoi col­le­ghi di Palaz­zo Uffi­ci, gli uni­ci vera­men­te in gra­do di coglier­ne tut­ti i rife­ri­men­ti, a cui lo distri­bui­sce in foto­co­pia, già nel­la pri­ma ver­sio­ne bat­tu­ta a macchina.
Un libret­to ormai dimen­ti­ca­to, che Caglie­ris, pri­ma di lasciar­ci ha fat­to stam­pa­re, a sue spe­se, e ne ha fat­to dono alle Spil­le d’Oro Oli­vet­ti, a cui è pos­si­bi­le richiederlo.
Nel­la foto, fat­ta l’ottobre del 2010 di fron­te al Con­ven­to di San Ber­nar­di­no ad Ivrea, è pre­sen­te l’intero Diret­ti­vo del­la Spil­le D’Oro Oli­vet­ti, con in pri­mo pia­no, in giac­ca blu, Mario Caglieris.
[1] Inter­vi­sta del 14 set­tem­bre 2009 rila­scia­ta da Mario Caglie­ris al pro­fes­sor Gian­ma­rio Vero­na dell’Università Boc­co­ni, pre­sen­te l’autore, nei loca­li del­la rap­pre­sen­tan­za di Fab­bri­ca del­la Oli­vet­ti in Ivrea.