Olivetti Marcianise — beni culturali e paesaggistici (attività vincolistica)

AMALIA GIOIA
MARIANO NUZZO

 

Deno­mi­na­zio­ne del bene: com­ples­so indu­stria­le ex Olivetti
Indi­riz­zo: via Pro­vin­cia­le Tever­net­te, Mar­cia­ni­se (CE)
Tipo­lo­gia di inter­ven­to: beni cul­tu­ra­li e pae­sag­gi­sti­ci (atti­vi­tà vincolistica)

Soprin­ten­den­za Archeo­lo­gia bel­le arti e pae­sag­gio per le pro­vin­ce di Caser­ta e Benevento.

Il com­ples­so indu­stria­le ex Oli­vet­ti vie­ne rea­liz­za­to nel 1970 in ter­ri­to­rio di Mar­cia­ni­se, pia­na rura­le caser­ta­na tra­sfor­ma­ta nel XVIII seco­lo dal­la poli­ti­ca bor­bo­ni­ca in un luo­go di inno­va­zio­ne e pro­gres­so, in segui­to alla delo­ca­liz­za­zio­ne del­le prin­ci­pa­li fun­zio­ni dire­zio­na­li e gestio­na­li del Regno, dall’area napo­le­ta­na e vesu­via­na all’entroterra caser­ta­no mes­sa in atto da Car­lo di Bor­bo­ne, pri­ma, e Fer­di­nan­do I, poi.

Negli asset­ti postu­ni­ta­ri la voca­zio­ne rura­le e pro­dut­ti­va di que­sta regio­ne e l’intera arma­tu­ra ter­ri­to­ria­le rea­liz­za­ta nel­la seco­la­re domi­na­zio­ne bor­bo­ni­ca non subi­sco­no modi­fi­ca­zio­ni per cui Ter­ra di Lavo­ro con­ti­nua a esse­re un luo­go pri­vi­le­gia­to per la pro­du­zio­ne diret­ta­men­te o indi­ret­ta­men­te con­nes­sa al lavo­ro agri­co­lo. Nel 1968, nell’ambito del­la poli­ti­ca di rein­te­gra­zio­ne del sud neces­sa­ria a risol­le­va­re vaste aree depres­se e a pro­muo­ve­re azio­ni di svi­lup­po in chia­ve più dina­mi­ca e com­pe­ti­ti­va sul ter­ri­to­rio nazio­na­le, Adria­no Oli­vet­ti pre­sen­ta al Cipe (Comi­ta­to Inter­mi­ni­ste­ria­le del­la Pro­gram­ma­zio­ne Eco­no­mi­ca) i pro­get­ti rela­ti­vi ad amplia­men­ti e nuo­vi inse­dia­men­ti indu­stria­li nel Mezzogiorno.

Da que­sto momen­to in poi suben­tra anche in ter­ri­to­rio caser­ta­no il pen­sie­ro poli­ti­co di Adria­no Oli­vet­ti che, atten­to alla que­stio­ne meri­dio­na­le, indi­vi­dua nell’Area di Svi­lup­po Indu­stria­le di Mar­cia­ni­se il luo­go per la nasci­ta di un nuo­vo com­ples­so indu­stria­le in posi­zio­ne inter­me­dia tra Napo­li e Caser­ta e in pros­si­mi­tà di uno svin­co­lo autostradale.

La fab­bri­ca vie­ne rea­liz­za­ta a due anni di distan­za dal­la mor­te di Adria­no Oli­vet­ti, figu­ra chia­ve del­lo svi­lup­po indu­stria­le ita­lia­no del­la pri­ma metà del Nove­cen­to, quan­do la neces­si­tà di rispon­de­re a esi­gen­ze diver­si­fi­ca­te di pro­du­zio­ne spin­ge l’azienda a crea­re un model­lo di fab­bri­ca, una sor­ta di sta­bi­li­men­to tipo. Nell’ambito di tale ricer­ca, Mar­co Zanu­so ed Eduar­do Vit­to­ria — con alle spal­le le espe­rien­ze più rile­van­ti nell’ambito dell’architettura indu­stria­le oli­vet­tia­na — ven­go­no chia­ma­ti a tro­va­re una solu­zio­ne tipo­lo­gi­ca desti­na­ta a esse­re repli­ca­ta in tre siti diver­si: Scar­ma­gno (nei pres­si di Tori­no), Cre­ma e Marcianise.

La ricer­ca tec­no­lo­gi­ca e for­ma­le, gene­ra­ta nel­la straor­di­na­ria offi­ci­na crea­ti­va del­la Oli­vet­ti, esor­di­sce a Mar­cia­ni­se con i codi­ci espres­si­vi dell’estetica indu­stria­le moder­na, esi­ben­do un les­si­co modu­la­re e una fles­si­bi­li­tà spa­zia­le uni­ci per Ter­ra di Lavoro.

Il cor­po strut­tu­ra­le in cemen­to arma­to, impo­sta­to su una gri­glia di 18 × 12 m, vie­ne carat­te­riz­za­to da un pila­stro-albe­ro gigan­te inca­stra­to al pie­de, rastre­ma­to supe­rior­men­te per l’appoggio del­le tra­vi prin­ci­pa­li pre­com­pres­se a “Y” rove­scia­ta e del­le tra­vi secon­da­rie a sezio­ne trian­go­la­re chiu­se con il ver­ti­ce in bas­so. Un siste­ma tri­li­ti­co inno­va­ti­vo, per­fet­ta­men­te inte­gra­to agli impian­ti di ter­mo-ven­ti­la­zio­ne che asso­cia alle ele­va­te capa­ci­tà por­tan­ti e fun­zio­na­li, una rapi­di­tà di mon­tag­gio (500 m2 al gior­no), oltre a esi­bi­re un’elevata ele­gan­za for­ma­le. Ne deri­va uno spa­zio con­ti­nuo in cui ogni zona è con­nes­sa alle altre sen­za solu­zio­ne di con­ti­nui­tà. La fab­bri­ca, com­ple­ta­ta nel 1970, si esten­de su un’area com­ples­si­va di 500.000 m2 di cui solo 60.000 sono super­fi­cie coper­ta, men­tre il restan­te spa­zio vie­ne desti­na­to alla via­bi­li­tà e alle aree ver­di. Que­ste ulti­me, come per Scar­ma­gno e Cre­ma, dove­va­no sod­di­sfa­re futu­re esi­gen­ze di espan­sio­ne del­le zone pro­dut­ti­ve com­ple­ta­te con uffi­ci e ser­vi­zi (men­se, spo­glia­toi, por­ti­ne­rie, infer­me­rie, ecc.), arti­co­la­ti in pian­ta e con un rap­por­to diret­to ai giar­di­ni ester­ni, i par­cheg­gi per dipen­den­ti e visi­ta­to­ri. Gli edi­fi­ci che ospi­ta­no le fun­zio­ni socia­li e di ser­vi­zio ven­go­no distin­ti dagli ambien­ti di lavo­ro, median­te un impian­to che si svi­lup­pa su due pia­ni, ele­men­ti di mon­tag­gio in accia­io, di maglia 6 × 6 m, tam­po­na­ti con pan­nel­la­tu­re sand­wich di lamie­ra coi­ben­ta­ta e vetra­te, auto­no­me e svin­co­la­te dal­la strut­tu­ra por­tan­te. A soli tre anni dal­la sua rea­liz­za­zio­ne la fab­bri­ca caser­ta­na rie­sce a dare lavo­ro a 1.100 ope­rai e soste­gno eco­no­mi­co ad altret­tan­te fami­glie, inci­den­do in manie­ra deci­si­va sul futu­ro indu­stria­le di Ter­ra di Lavo­ro e sul­la poli­ti­ca di ridu­zio­ne del flus­so migra­to­rio ver­so le cit­tà indu­stria­li del Nord Italia

L’edificio, nonostante gli anni di incuria e di abbandono legati alla vicenda del fallimento delle società avvicendatesi nel tempo, conserva ancora gli elementi caratteristici del progetto di Zanuso e Vittoria. L’idea della campata tipo come elemento generatore del progetto, la modularità in pianta dello spazio, l’integrazione impiantistica direttamente nella struttura portante sono ancora chiaramente individuabili. La fabbrica, dunque, in quanto testimonianza tra le più rappresentative degli esiti della ricerca italiana sull’edilizia produttiva, presenta interesse particolarmente importante in riferimento non solo alla storia dell’industria ma anche della scienza, della tecnica e della cultura in genere, come indicato dal citato art. 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. A tutto ciò si aggiunge il ruolo avuto nella politica economica e sociale non solo di Marcianise, ma di tutta Terra di Lavoro. Non si può non considerare l’impatto esercitato sulla civiltà contadina e sul paesaggio agrario, rimasti pressoché intatti fino ad allora, che è tale da favorire l’innesto di una cultura di fabbrica e di uno spirito di cooperativismo vicini ai richiami della terra e della vita comunitaria, propugnati da Adriano Olivetti.