Tra me e Giuseppe Calogero intercorreva una generazione e quando l’incontrai la prima volta, come scoprii alcuni mesi dopo, tre livelli aziendali.
Come ho appena detto la differenza di posizione in azienda, la scoprii successivamente e questo mi permise di conoscere un po’ l’uomo e di apprezzarlo.
Correva l’anno 1975, forse era il mese di marzo, e come mi capitava spesso ero stato a Ivrea probabilmente per incontrare Mario Misul o Carlo Peroni che, in quel tempo, occupando una delle direzioni centrali della Olivetti erano i miei capi funzionali.
Ero anche andato a cena con Pasqualino Botte, un mio ex capo, che si era trasferito a Ivrea con l’incarico di Direttore centrale della qualità dell’azienda. Tra un bicchiere di barolo e l’altro, Pasqualino mi aveva detto che l’Azienda aveva deciso di trasferire a Marcianise la OCN (Olivetti Controllo Numerico) ma che era una cosa ancora riservata e che, quindi, non dovevo pubblicizzarla.
Non ricordo che giorno della settimana era quello in cui avevo programmato di tornare giù a Marcianise..
Come sempre passo un’auto aziendale a prelevarmi in albergo e mi ritrovai con altri due signori che non conoscevo e che, come me, erano diretti a Caselle. Ci scambiammo un saluto, non ricordo se presentandoci ma, quasi sicuramente, non lo facemmo.
Arrivati all’aeroporto, ciascuno andò per la sua strada.
Quella sera il mio volo anzi, sicuramente per il motivo che scoprii successivamente, tutti i voli accusarono un ritardo assurdo: più di due ore. Era caduto un piccolo aereo su quello, che soprattutto allora, non era uno scalo importante.
Quando finalmente ci imbarcammo, mi ritrovai accanto uno dei due signori con cui avevo condiviso il trasferimento da Ivrea. Cominciammo a scambiarci qualche informazione e dopo aver scoperto che eravamo entrambi napoletani, fu facile familiarizzare anche se ci davamo del lei e, per come si usava a quell’epoca, essendo io ancora un ragazzino rispetto a lui non mi permisi di proporgli il tu e, non facendolo neanche lui, continuammo con il lei per tutta la serata.
Dovrei dire la nottata perché, arrivati a Roma, dove era previsto uno scalo intermedio, non trovammo più nessuna coincidenza per Capodichino e, quindi, continuammo verso Napoli facendoci condurre da un taxi alla stazione Termini dove prendemmo il primo treno.
Nonostante il contrattempo, ricordo che nessuno di noi due si era innervosito. E così parlammo, parlammo e arrivammo anche a raccontarci qualche barzelletta.
In realtà parlai molto di più io e, ricordo, decantai le capacità del personale della fabbrica di Marcianise: giovani, volenterosi e con grandi capacità di apprendimento. Non a caso, gli dissi, quando pochi anni prima avevamo avviato quella nuova realtà importando la produzione delle “Contabili”, le macchine più complesse della Olivetti, avevamo fatto rientrare il numeroso gruppo di addestratori con un significativo anticipo rispetto ai programmi.
Quegli addestratori che tra il serio e il faceto chiamavano quei bravi ragazzi “disertori della vanga”.
Calogero, in realtà mi disse niente sulla sua attività e, addirittura, quando, avendomi detto che lui “lavorava” alla OCN, gli chiesi conferma della voce che l’attività di quella consociata si trasferiva a Marcianise, mi rispose che non ne sapeva niente.
Quando alcuni mesi dopo, arrivò insieme al direttore generale del personale per comunicare al management la decisione dell’azienda di questa ricollocazione della OCN, e me lo ritrovai di fronte e scoprii che era l’Amministratore delegato di questa consociata, sarei voluto sparire.
Fu lui, invece, che appena conclusa la presentazione mi si avvicinò e mi chiese scusa per aver affermato, durante quel viaggio avventuroso, che non sapeva niente di questo piano aziendale.
Ovviamente gli risposi che era lui che doveva scusarmi che non avevo mantenuto le doverose distanze e di averlo trattato come uno alla pari.
Non ricordo le esatte parole ma, più o meno, mi disse: non si preoccupi, siamo alla pari, stiamo dalla stessa parte, entrambi ci teniamo per la nostra gente e, poi, spero che nel lavoro sia altrettanto bravo che come barzellettiere. Ci lasciammo con un sorriso.
Tutto ciò mi fece apprezzare subito l’uomo e solo dopo il big-manager.
Giuseppe Beltrani
già direttore Olivetti Messico