Si deve a Giuseppe Vitrone, la costruzione della Villa che ospita il Museo dinamico della tecnologia Adriano Olivetti.
Nato a Caserta nella metà dell’ottocento da Caterina Vagliviello e da …. Vitrone, Giuseppe fu colpito in giovane età da una malattia agli occhi che lo portò alla cecità per un anno. La madre per sostenerlo e curarlo vendette diverse proprietà in via Acquaviva. Quando guarì partì per il Brasile e facendo fortuna volle ripagare la famiglia di tutti i sacrifici che aveva fatto per lui . Era iscritto alla Massoneria e un giorno prese il “piroscafo” per raggiungere l’America come tanti emigranti. Si stabilì in Brasile frequentando persone di alto rango , e grazie alla conoscenze massoniche divenne amico dell’Imperatore Pietro II dedicandosi all’edilizia ed in particolare al cemento armato che all’epoca era una novità.
Con l’instaurazione della Repubblica in Brasile a seguito di una rivoluzione pacifica, Giuseppe decise di ritornare a Caserta anche per assecondare un desiderio della mamma che lo voleva a casa.
Una volta ritornato nella città d’origine, tramite parenti, comprò un appartamento al corso Campano (oggi corso Trieste) in un palazzo vicino a quello della provincia.
Una vita difficile rispetto a quella brasiliana dove le case erano dotate di ogni confort. Nel capoluogo di Terra di Lavoro le abitazioni non avevano la luce elettrica ne l’acqua. Fu questo uno dei principali motivi che lo portarono a progettare e costruire una nuova residenza più decorosa nella vicina Via Napoli, non ancora pavimentata e in uno spazio a ridosso della ferrovia. Nacque così villa Caterina in onore alla madre, (non era Villa Rosa) , come la si vuole attribuire in quando Rosa era sua Moglie. Serviva per la sua famiglia che contava ben sette figli e la servitù.
La residenza stile liberty aveva una cantina seminterrata, un ampio giardino la casa per il guardiano una stalla per i cavalli, e tre pozzi da cui attingere l’acqua. La dotò di una fontana alimentata da un quarto pozzo con una vasca circostante. I figli erano: Giovanni, padre della moglie di Aurelio Tedeschi già dirigente banca di Roma, Romeo, Osvaldo e Ida. La villa rimase di proprietà della famiglia Vitrone fino al 1956 e l’ultimo ad abitarla fu Romeo, avvocato, che poi , come il padre ai tempi del regime fascista, fu presidente della Squadra Casertana.
Molti sono i palazzi e le infrastrutture realizzate dalla ditta di Costruzione Vitrone: dal campo sportivo, al palazzo delle Poste, a quello della Camera di Commercio, nonché piazza Commestibili. Godeva di subappalti provenienti dall’ing. Fabricat e Vincenzo Memma.
“All’epoca grossomodo però non le so dire, nella Villa c’era l’ingresso al piano ammezzato che era molto grande, — racconta la figlia di Giulia Vitrone — Sono ritornata oggi ma l‘ho visto molto piccolo. Il grande scalone che portava al piano superiore sfociava in una anticamera da dove si accedeva alle varie stanze. La villa fu requisita dagli americani durante l’ultima guerra. Quando finalmente i miei familiari ne ripresero la disponibilità, la divisero in vari appartamenti utilizzati da figli e nipoti. Una figlia di Vitrone ha sposato un Tedeschi, non ricordo la data. Mi hanno raccontato che la villa fu costruita nel 1922, di fronte c’era solo campagna. L’unica altra costruzione che c’era all’epoca era il palazzo a fianco dove operava un conosciuto lattaio. Poi era tutto terreno agricolo.”