Scrittura

Brevetto del Cembalo scrivano

Bre­vet­to del Cem­ba­lo scrivano

Tra­sfor­ma­re un mes­sag­gio ver­ba­le in segni, da poter esse­re let­ti o interpretati
dagli altri o comu­ni­ca­re nel tem­po e nel­lo spa­zio è cer­ta­men­te la for­za pro­pul­si­va che ha spin­to l’uo­mo a tro­va­re un mez­zo ido­neo allo sco­po,  Nasce la rap­pre­sen­ta­zio­ne gra­fi­ca del mon­do che cir­con­da l’es­se­re uma­no e suc­ces­si­va­men­te l’u­so del segno.

Dagli Egi­zi ai Cine­si ed Ebrei la scrit­tu­ra era un mez­zo sacro per  san­ci­re nor­me, con­trat­ti,  per scri­ve­re la storia.
La pit­tu­ra pres­so i popo­li pri­mi­ti­vi sosti­tui­sce la scrit­tu­ra. Gli anti­chi abi­tan­ti di Val­ca­mo­ni­ca sape­va­no leg­ge­re solo testi figu­ra­ti come que­sta sce­na di lavo­ro agri­co­lo (for­se del seco­lo VIII a.c.
Anche la pri­ma for­ma di scrit­tu­ra fu basa­ta sul dise­gno. Furo­no i Sume­ri in Asia e gli Egi­zi in Afri­ca (cir­ca 5000 anni fa) ad usa­re per pri­mi la scrit­tu­ra pit­to­gra­fi­ca. Essa con­si­ste­va nel rap­pre­sen­ta­re un ogget­to dise­gnan­do­lo. C’erano però dei pro­ble­mi. Non tut­te le cose, infat­ti, pote­va­no esse­re rap­pre­sen­ta­te facil­men­te con un dise­gno. E, poi, come ripro­dur­re con un dise­gno idee e sen­sa­zio­ni? E come rap­pre­sen­ta­re discor­si com­ples­si e arti­co­la­ti? Infi­ne, un ulti­mo incon­ve­nien­te, for­se deter­mi­nan­te: quan­to tem­po occor­re­va per fare tut­ti quei disegni!

La neces­si­tà di  mec­ca­niz­za­re la scrit­tu­ra nasce nel 1700  epo­ca degli auto­mi e del­la ricer­ca di una mec­ca­ni­ca che potes­se al tem­po stes­so mera­vi­glia­re e sol­le­va­re l’uo­mo dal­la fati­ca. Il  pri­mo  ten­ta­ti­vo, di cui si ha cono­scen­za, una­ni­me­men­te rico­no­sciu­to, di costrui­re una mac­chi­na per scri­ve­re, che sosti­tuis­se la comu­ne scrit­tu­ra a mano, risa­le al 1575.  Il  tipo­gra­fo ed edi­to­re ita­lia­no, atti­vo a Vene­zia, Fran­ce­sco Ram­pa­zet­to,  pro­get­ta un con­ge­gno mec­ca­ni­co con l’in­ten­to di per­met­te­re ai cie­chi di comu­ni­ca­re tra loro e con altri. Era un mec­ca­ni­smo rudi­men­ta­le costi­tui­to da pez­zi di legno a for­ma di cubo, por­tan­ti carat­te­ri in rilie­vo, mos­si da una serie di asti­cel­le e for­ma­ti da pun­ti­ne metal­li­che che foran­do il foglio lascia­va­no inci­se le lettere.

Nel  1714 l’in­ge­gne­re ingle­se Hen­ry Mill  all’ufficio Bre­vet­ti Bri­tan­ni­co regi­strò una mac­chi­na per scri­ve­re, di cui, sono sco mpar­se le trac­ce.  Nel 1779 Wol­fgang von Kem­pe­ten, con­si­glie­re di cor­te a Vien­na, costruì una mac­chi­na per scri­ve­re ad uso del figlioc­cio cie­co dell’Imperatrice Maria Teresa.
Nel 1808 il nobi­le Pel­le­gri­no Tur­ri di Castel­nuo­vo, in pro­vin­cia di Reg­gio Emi­lia, rea­liz­za una mac­chi­na che scri­ve. Il Tur­ri è ricor­da­to prin­ci­pal­men­te qua­le inven­to­re del­la car­ta car­bo­ne.  Nel 1823 Pie­ro Con­ti di Cila­ve­gna (Pavia), ten­tò la rea­liz­za­zio­ne di una mac­chi­na capa­ce di scri­ve­re mec­ca­ni­ca­men­te. Non  por­tò a com­pi­men­to la sua opera.
Nel 1829 negli  USA l’americano Wil­liam Austin Burth,    bre­vet­tò a Washing­ton una mac­chi­na deno­mi­na­ta “Typo­gra­pher” (tipo­gra­fo) .

Seguo­no  nel 1832   il tede­sco Baro­ne Karl von Drais, un ispet­to­re fore­sta­le di Baden-Baden, inven­ta una pic­co­la mac­chi­na ste­no­gra­fi­ca. sen­za for­tu­na; legò inve­ce il suo nome ad un’altra inven­zio­ne, ben più riu­sci­ta, ed esat­ta­men­te quel­la del­la ”Lau­f­ma­schi­ne”, il velo­ci­pe­de o bicicletta.
Il mar­si­glie­se Xavier Pro­gin, — nel 1833 inven­ta  la leva por­ta­ca­rat­te­ri. nel 1839 un altro fran­ce­se, Pier­re Fou­cauld, non veden­te, rice­vet­te in dono da un suo ami­co  una mac­chi­na per comu­ni­ca­re tra per­so­ne meno­ma­te nel­la vista, chia­ma­to “Raphi­gra­phe”. Por­ta­va solo die­ci leve, dispo­ste a ven­ta­glio, ma non si
cono­sco­no altri elementi.
Nel 1843, un ame­ri­ca­no Char­les Gro­ver Thur­ber, ori­gi­na­rio di Wor­ce­ster, costruì due model­li ai qua­li die­de i nomi di “Patent Prin­ter” e “Mecha­ni­cal Chirographer”.
Negli stes­si anni, tra il 1830 e il 1840, uno stu­dio­so ita­lia­no, Cele­sti­no Gal­li di Car­rù, in Pie­mon­te, figlio del far­ma­ci­sta del­la cit­tà, dà noti­zia di aver inven­ta­to una mac­chi­na per  scri­ve­re, simi­le ad un cla­vi­cem­ba­lo, che chia­mò Pote­no­gra­fo (dal gre­co (?) pote­nos, “che ha le ali”).
la pri­ma mac­chi­na da scri­ve­re ante­si­gna­na di quel­le che cono­scia­mo la si deve all’av­vo­ca­to e nota­io di Nova­ra, Giu­sep­pe Raviz­za, che l 1° set­tem­bre del 1885 ottie­ne un atte­sta­to di pri­va­ti­va (bre­vet­to) dal com­pe­ten­te Uffi­cio di Tori­no per un  Cem­ba­lo scrivano,
Con­tem­po­ra­nea­men­te,  a Par­ci­nes, pic­co­lo pae­se del Sud Tiro­lo, a quell’epoca in ter­ri­to­rio austria­co, si con­su­ma e nau­fra­ga uno dei più seri ten­ta­ti­vi di costrui­re una mac­chi­na per scri­ve­re da par­te di Peter Mitterhofer.

Nel 1856 l’americano Alfred Ely Beach pre­sen­ta la “mac­chi­na per scri­ve­re su ban­da”, deri­va­ta dai siste­mi tele­gra­fi­ci stampanti.
Nel­lo stes­so anno John Coo­per, pure ame­ri­ca­no, inven­ta una sua “mac­chi­na per scrivere”.
Ormai il pro­ble­ma era dif­fu­sis­si­mo sia nel Vec­chio che nel Nuo­vo con­ti­nen­te e per­ciò mol­ti si cimen­ta­va­no nel cer­ca­re di risolverlo,
anche se con risul­ta­ti deludenti.
Nel 1857) si but­tò nel­la mischia anche Samuel Fran­cis, che bre­vet­tò una mac­chi­na mol­to simi­le al “Cem­ba­lo scri­va­no”  del Ravizza.

 Rasmus Mal­ling-Han­sen, pasto­re dane­se, diret­to­re dell’Istituto rea­le per sor­do­mu­ti. Egli, dato il suo inca­ri­co, ave­va nota­to che con le dita si pote­va­no ripro­dur­re dodi­ci segni fone­ti­ci in un secon­do, men­tre con la scrit­tu­ra a mano sola­men­te quat­tro. Si dedi­cò allo­ra alla costru­zio­ne di uno stru­men­to mec­ca­ni­co che aumen­tas­se la velo­ci­tà di scrit­tu­ra. Lo chia­mò “pal­le di scrit­tu­ra” (Skri­ve­ku­geln e nel 1867 ne fece costrui­re cir­ca tre­cen­to esem­pla­ri, ven­du­ti in Dani­mar­ca, Fran­cia, Ger­ma­nia ed in Austria, qui col nome di Szabel.

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