La morte di Indro Montanelli ha chiuso una fase con il giornalismo italiano. Con la sua uscita di scena è tramontato il telegrafo, sono terminate le attese spasmodiche di una linea telefonica da un luogo sperduto a “casa del diavolo”, sono finiti i tempi della ricerca di un orario ferroviario indiano, di viaggi in nave che duravano mesi, delle guerre seguite in prima linea, nelle trincee dove arrivavano le cannonate. S’è chiuso il tempo in cui le immagini erano fatte solo di parole.
lI sottotitolo “L’età del mito”, aggiunto a questa seconda edizione di “Giornalisti granai firme”, indica che con le biografie e ili scritti di Vittorio G. Rossi, di Irene Brin, di Max David e, appunto, di Indro Montanelli, che non erano presenti nella prima, si pone un “limite” non tanto di tempo quanto di “qualità” della scrittura.
Non è questo il luogo in cui discutere se sia meglio la descrizione di una pagoda di Orio Vergavi oppure una tavola di Achille Beltrame sulla Domenica del Corriere al confronto con la ripresa televisiva dello tsunami che travolge le coste di Sumatra o della folla smisurata in lacrime, in Piazza San Pietro, per un Papa che crei nuovi strumenti di comunicazione aveva fatto il puntello della sua missione pastorale. Diciamo solo che, di certo, la grande storia del secolo scorso è stata scritta almeno per i due terzi, dai “maestri” qui presentati, con la sola stilografica o sui tasti di quella “Olivetti 22” leggera, affidabile, solida compagna di viaggi e di avventure.
La prima edizione di questo volume era un testo per gli studenti delle scuole di giornalismo, un modello di buona scrittura, di costruzione del periodo, di proprietà chi linguaggio, di accuratezza nella scelta delle immagini, di logica, talvolta di letteratura.
La prima edizione di questo volume era un testo per gli studenti delle scuole di giornalismo, un modello di buona scrittura, di costruzione ciel periodo, di proprietà di linguaggio, di accuratezza nella scelta delle immagini, chi logica, talvolta di letteratura.
Questo nuovo testo, notevolmente ampliato con ulteriori episodi biografici e con la pubblicazione di altri articoli, non si rivolge agli “addetti ai lavori” ma a tutti i lettori, che possono usarlo in due modi: 1) per consultazione, perché le 58 biografie di grandi giornalisti italiani “chiudono” il discorso; 2) per, diciamoli, nostalgia, ricordo. Il ricordo di quanto erano bravi.
Eugenio Marcucci
Dal volume Giornalisti Grandi Firme