La Olivetti e la letteratura

Indu­stria e letteratura

Tra la fine degli anni 50 e i pri­mi anni ’60, ter­mi­na­to il perio­do del­la rico­stru­zio­ne post­bel­li­ca, l’Italia cono­sce una nuo­va rivo­lu­zio­ne indu­stria­le e si affac­cia alla real­tà di un pae­se moder­no e avan­za­to. Le note­vo­li con­se­guen­ze inve­sto­no il teno­re di vita ma anche i rap­por­ti socia­li, la  cul­tu­ra e la men­ta­li­tà. Il che si riflet­te nel­la Let­te­ra­tu­ra, espres­sio­ne del momen­to sto­ri­co e- quin­di ‑atten­ta ad ogni tra­sfor­ma­zio­ne. Il boom eco­no­mi­co coin­vol­ge l’intellettuale che divie­ne pro­gres­si­va­men­te un sala­ria­to dell’industria edi­to­ria­le, per­den­do quel­la liber­tà di pen­sie­ro pre­ro­ga­ti­va del­la Sto­ria precedente.

Elio Vit­to­ri­ni con la rivi­sta “Mena­bò” si fa inter­pre­te del  rap­por­to Let­te­ra­tu­ra — indu­stria e non si limi­ta a rap­pre­sen­ta­re la fab­bri­ca moder­na, ma ne coglie le tra­sfor­ma­zio­ni antro­po­lo­gi­che pro­fon­de, pro­vo­ca­te dall’industria, assu­men­do­le all’interno del pro­prio modo di guar­da­re la real­tà, sen­za arren­der­si all’alienazione ma sfi­dan­do il “labi­rin­to” e ponen­do­si in un atteg­gia­men­to di alte­ri­tà totale.

Al dibat­ti­to teo­ri­co nel cor­so degli anni 60 si accom­pa­gna una pro­du­zio­ne nar­ra­ti­va che fa i con­ti con la real­tà industriale.

Apre la serie Ottie­ro Ottie­ri con “Tem­pi Stret­ti” 1957 e “Don­na­rum­ma va all’assalto” 1959, segue  Pao­lo Vol­po­ni con “Memo­ria­le” 1962, ambien­ta­to ad Ivrea, let­te­ra­ti  dipen­den­ti  entram­bi dell’ Olivetti.

Con loro nel­la fab­bri­ca di Ivrea pas­sa­ro­no tan­te polie­dri­che per­so­na­li­tà :da Pam­pa­lo­ni a  Fer­ra­rot­ti e tut­ti intor­no alla figu­ra di Adria­no Oli­vet­ti, un mece­na­te illu­mi­na­to, un fau­to­re del­la cul­tu­ra e un atti­vo pro­pu­gna­to­re del­la digni­tà umana.

Pre­si­den­te dell’ Azien­da, die­de vita- per­tan­to- ad un ambi­zio­so pro­gram­ma ten­den­te ad inse­ri­re gli intel­let­tua­li nel­la con­cre­ta real­tà dell’Industria, favo­ren­do un nuo­vo modo di impo­sta­re il rap­por­to cultura-lavoro.

Era sicu­ra­men­te un’esperienza pilo­ta, for­te­men­te inno­va­ti­va, in cui  pren­de­va­no cor­po esi­gen­ze laten­ti. Nel 1953 era sta­ta fon­da­ta “Civil­tà del­le mac­chi­ne”, una rivi­sta affi­da­ta a Leo­nar­do Sini­sgal­li (1908 – 1981), inge­gne­re, desi­gner e poe­ta, con la col­la­bo­ra­zio­ne dei mag­gio­ri arti­sti e scrit­to­ri del tem­po, A que­sto si col­le­ga l’iniziativa del “Mena­bò”, alla luce di nuo­vi orien­ta­men­ti meto­do­lo­gi­ci e cono­sci­ti­vi ‚che anche in Ita­lia tro­va­va­no spa­zio, libe­ran­do­la dal­la cro­sta del pro­vin­cia­li­smo. Si avver­ti­va l’esigenza di abbat­te­re lo stec­ca­to tra le due cul­tu­re :quel­la Uma­ni­sti­ca e quel­la Scien­ti­fi­ca, che la nostra tra­di­zio­ne cri­ti­ca, soprat­tut­to quel­la cro­cia­na ave­va ten­ta­to di separare.

Supe­ran­do que­sto diva­rio, gli intel­let­tua­li pote­va­no pen­sa­re ad una cul­tu­ra del­la moder­ni­tà (Ottie­ri, For­ti­ni, Giu­di­ci, Pam­pa­lo­ni si inte­res­sa­va­no ai rap­por­ti con il per­so­na­le). L’individuo, con­si­de­ra­to per­so­na, dove­va recu­pe­ra­re la sua digni­tà all’interno dell’ambiente e del­la società.

Lo stes­so Adria­no Oli­vet­ti con “Ordi­ne poli­ti­co del­le Comu­ni­tà del­lo Sta­to secon­do  le leg­gi del­lo spi­ri­to” del 1946 e “Cit­tà dell’uomo” del 1960 con­tri­buì a crea­re dei prin­ci­pi anco­ra oggi attuali.

L’aver- infat­ti- rite­nu­to la civil­tà occi­den­ta­le in pre­da ad un gran­de tra­va­glio tro­va riscon­tro nell’odierna real­tà, soprat­tut­to, per aver rav­vi­sa­to la neces­si­tà di ripri­sti­na­re quei valo­ri eter­ni come l’amore, la veri­tà, la giu­sti­zia e, in assen­za dei qua­li ‚per l’uomo ci sareb­be solo distru­zio­ne e disordine.

L’uomo va, quin­di, edu­ca­to poten­zian­do la sua spi­ri­tua­li­tà e atti­van­do una ”filan­tro­pia” di matri­ce divi­na A. Oli­vet­ti, con­di­zio­na­to  dal crol­lo del­la Bor­sa del 1929 e dai con­flit­ti mon­dia­li cer­cò una solu­zio­ne nel pen­sie­ro di Mou­nier  tra per­so­na­li­smo e comu­ni­ta­ri­smo, riva­lu­tan­do l’uomo nel­la sua inte­rez­za. Lau­rea­to in chi­mi­ca indu­stria­le, già a 13 anni ave­va vis­su­to il disa­gio del lavo­ro in fab­bri­ca e suc­ces­si­va­men­te ave­va spe­ri­men­ta­to in Ame­ri­ca il siste­ma for­di­sta del­la cate­na di mon­tag­gio, orga­niz­za­to per l’eliminazione dei tem­pi mor­ti  ma caren­te nei rap­por­ti socia­li. Rite­ne­va- inve­ce- che il lavo­ra­to­re doves­se iden­ti­fi­car­si con l’Azienda. Avviò, per­tan­to, cor­si di for­ma­zio­ne con la pre­sen­za di disci­pli­ne qua­li la Filo­so­fia e la Sto­ria del Cine­ma, per inne­sca­re un pro­ces­so di appren­di­men­to e di appartenenza.

L’Homo sapiens non era per lui avul­so dall’homo faber.

Inno­va­ti­vo  il suo meto­do e la sua pro­fon­da atten­zio­ne alle Isti­tu­zio­ni come impre­sa, fami­glia scuola.

Pro­po­ne­va un pro­ces­so in con­ti­nua cre­sci­ta dal­la coscien­za di sé alla  riva­lu­ta­zio­ne del­la per­so­na: una restau­ra­zio­ne coper­ni­ca­na all’insegna del­la liber­tà e giu­sti­zia, annul­lan­do il capi­ta­li­smo che soven­te stru­men­ta­liz­za l’uomo al dena­ro ed al pro­fit­to, rin­chiu­den­do­lo in se stes­so. L’uomo, quin­di, deve saper­si rela­zio­na­re pri­ma con se stes­so ‚poi con gli altri  e con Dio.

Impor­tan­te agi­re secon­do coscien­za, comu­ni­can­do con gli altri. Nasce una filo­so­fia  dell’uomo con­trap­po­sta alla filo­so­fia del­le cose. L’uomo di oggi è –inve­ce- spin­to all’edonismo e alla pre­va­ri­ca­zio­ne del denaro.

Neces­sa­ria, allo­ra, una nuo­va idea per risco­pri­re la verità.

Qui s’inserisce Simo­ne Weil, un’insegnante di filo­so­fia ebrea che, dopo una pub­bli­ca­zio­ne nel 1952,  vie­ne intro­dot­ta nel cli­ma cul­tu­ra­le ita­lia­no e   nel 1937 si con­ver­te al Cri­stia­ne­si­mo. Mili­tan­te dell’estrema sini­stra rivo­lu­zio­na­ria, impe­gna­ta come ope­ra­ia a Pari­gi nel­la Renault dal 1934 al 1935, espe­rien­za volu­ta  viva­men­te, per pro­va­re sul cam­po il dise­gno di una con­di­zio­ne che descri­ve­rà poi nel suo libro “La con­di­zio­ne operaia”

Rav­vi­se­rà nel capi­ta­li­smo le cau­se del­la mise­ria uma­na ‚qua­si una for­za che lo inca­te­na al suo destino.

L’uomo, per­ciò, deve esse­re recu­pe­ra­to nel­la sua sog­get­ti­vi­tà con una impul­so  vita­le che lo por­ta ad agi­re. Una rivo­lu­zio­ne spi­ri­tua­le che lo por­ta a cor­reg­ge­re il mon­do per il recu­pe­ro del­la giu­sti­zia e del­la verità.

a cura di Mau­ro Neme­sio Rossi